giovedì 4 aprile 2019

Vorrei fondare la Compagnia di San Cristoforo. Quelli cioè che accettano su di sé il giogo di Cristo, piccolo come un bambino, pesante come il dramma del mondo intero. Quelli che avanzano, a dispetto di un mondo in fiamme, chiassoso e incapace di comunicare davvero, dritti verso la verità e la vita, seguendo la Via. Mi pare si sia toccato il fondo. Nonostante la tv spenta e la scarsa frequentazione dei siti di cronaca, le notizie penetrano in monastero come acqua dentro le fessure. La crescita esponenziale di tali entrate e la sporcizia che recano è impressionante. Tanto più impressionante quanto più netto e chiaro è l'ambiente che queste acque torbide bagnano. Mi hanno colpito invece le acque chiare, ove avanza il Cristoforo di Hieronymus Bosch. Fedele alla Legenda aurea, Bosch descrive l'ex militare, dal sintomatico nome di Reprobo, con il cipiglio dell'ambizioso. Sì, Reprobo voleva stare al servizio del più potente. Passando da re e imperatori finì a servizio del demonio e fu proprio lì che scoprì esser Dio il più potente. Lasciò allora di servire il diavolo per farsi cristiano. Grazie all'incontro con un eremita perfezionò la sua fede e si mise a traghettare tra una sponda e l'altra del fiume i pellegrini. Ma un bambino dall'aria innocua caricato sulle spalle come mille altri, si fece così pesante da fargli sprofondare i piedi nel letto del fiume. Quel bimbo era Cristo. Alle spalle di Cristoforo Bosch ritrae lo spaccato di un mondo sorprendentemente moderno. L'eremita, piccolissimo, sulle rive del fiume, è ridotto alla pesca per essere stato spodestato dalla sua capanna che, sullo sfondo, versa in condizioni misere.

È l'immagine di un mondo che, svuotato da tutti i contenuti religiosi, trasforma la capanna del santo in una sentina di vizi: la brocca rotta, il pollo allo spiedo, simbolo dei peccati di gola, l'umanità che si lancia in rischi assurdi per il piacere, come l'uomo che tenta l'assalto al favo di miele incurante della debolezza del ramo che lo regge. A sinistra lo sperpero della natura, con il cacciatore che ha impiccato l'orso. Un bagnante incauto, sulla riva opposta, scappa nudo per sfuggire a un drago. E Cristoforo, portatore di Cristo, sta, imperioso e sereno, in primo piano. Egli veste i colori liturgici del bianco e del rosso e si appoggia a un bastone fiorito contro ogni legge naturale. La grazia, infatti, assiste la fede, non la scienza, e il vero progresso è insito nello sguardo di fede che indaga il Mistero entro le realtà create. Il legno reciso fiorisce grazie a Cristo che, come pesce crocifisso, pende dal bastone del santo. Il pesce è anche simbolo di sobrietà di vita, essendo il cibo permesso in Quaresima e nella dieta degli eremiti. È proprio l'obbedienza umile alla realtà e ai segni della fede la carta vincente del gigante Cristoforo. Così sarà per i Cristoforo del nostro mondo, quelli cioè che avanzano a dispetto dei discorsi astrusi, delle piccinerie umane e dei calcoli destinati ad abbruttire l'uomo più che a promuoverne la dignità. Essi non lo sanno, forse, ma portano Cristo sotto le spoglie di un bambino da nulla col mantello bruno dei viandanti. E come in Bosch la luce, incurante del male, sorge all'orizzonte, allo stesso modo sorge sopra il nostro mondo sottomesso ai potentati di turno, ma dove ancora – grazie a Dio – la via umile della bellezza resiste. Passa inosservata perché le sue orme (come i passi di Cristoforo), nell'acqua della grazia rimangono invisibili.

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