venerdì 8 settembre 2006
Chi è coinvolto in una contesa aspra, si preoccupa della verità tanto quanto il cacciatore si preoccupa della lepre che sta inseguendo. È una bella battuta questo aforisma che mi segnala una lettrice, desumendola dai Thoughts on various subjects del poeta inglese Alexander Pope (1688-1744), il traduttore dell'Iliade in inglese. Quando si sta discutendo con veemenza (il pensiero corre spontaneamente a certi dibattiti televisivi), la ricerca della verità e la sua affermazione costituiscono l'ultimo dei pensieri dei contendenti. Anzi, se vuoi veramente spuntarla sull'altro, devi impallinare la verità, spesso scomoda, proprio come fa il cacciatore che insegue la lepre. La verità, infatti, non può mai essere piegata al proprio interesse; solo la menzogna è flessibile e ha mille volti possibili. Per questo, un conto è il dialogo che con rispetto si intesse con l'altro per penetrare in profondità nella realtà delle cose. In questo caso si ascolta prima l'altro e tutto quello che l'altro dice e lo si sottopone a confronto e verifica con la propria visione e convinzione. Un altro conto è, invece, lo scontro in cui di mezzo non c'è la verità ma la vittoria sull'altro, usando ogni strumento e spesso chi ne esce più malconcia è proprio la verità. Confessiamo un po' tutti di essere caduti nella tentazione di riuscire a prevaricare sull'altro che ci ostacolava, non di rado ricorrendo al falso, allo stravolgimento della realtà. Scriveva Anatole France: «L'umanità ha bisogno della verità. Ma ha un bisogno ancor più grande della menzogna che la lusinga, la consola, le dà sicurezza e speranza senza limite».
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