mercoledì 28 novembre 2007
Le persone di solito si vendicano con le altre del torto che la natura ha fatto loro.
Nonostante il titolo pomposo latino dell'opera, De dignitate et augmentis scientiarum, la frase citata è un po' sbarazzina e cattivella anche se a scriverla è il famoso filosofo inglese del Cinquecento Francesco Bacone. È scontato notare che il maschilismo dominante nella storia ha di solito riferito alle donne il discorso sulla bruttezza, nella convinzione che - come diceva un altro autore inglese, Thackeray - «essere bella è abbastanza: se una donna sa far bene questo, chi le domanda di più?». In realtà essere brutti è un'avventura che capita a tutti e a poco vale il pur vero principio secondo il quale sui gusti non si discute. Certo è che talora - ma non sempre (ed è per questo che Bacone usa un «di solito») - la bruttezza inacidisce un po' anche l'anima.
Questo avviene anche per colpa degli altri che ironizzano ed emarginano: è triste che il bullismo tra ragazzi si basi spesso proprio sui difetti fisici degli altri. Certo, la bruttezza può essere un peso e, a consolazione dei brutti, si cerca umanamente di dire che i belli sono più stupidi e vacui. Bisognerebbe, però, distinguere tra «bruttezza» e «bruttura». Quest'ultima, infatti, è qualcosa di peggio perché suppone cattivo gusto, volgarità, orrore. Guardiamo certi aspetti delle città moderne: in alcuni quartieri non domina solo la bruttezza col suo corteo sgradevole di pessime costruzioni ma anche la bruttura fatta di sporcizia, di sconcezze, di deformità. È per questo che poi anche le persone diventano sguaiate; da brutti si passa ad essere bruti, e questo atteggiamento dilaga fino ai centri storici e alla vita quotidiana. La bellezza necessaria non è, quindi, solo quella pubblicitaria ma anche l'interiore.
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