sabato 23 aprile 2011
Se Ti chiedessi di stringerti a me, / d'aprire la bocca incrostata di sangue; / se Ti chiamassi come si chiama un amante, / resteresti o fuggiresti da me? / Rispondi! / Non è una diffida. / È l'ultimo dado da trarre, / l'ultima sfida.

Molti che oggi non sono più credenti conservano anch'essi il ricordo lontano di quel bacio che il venerdì o il sabato santo deponevano sul Cristo crocifisso e insanguinato. Quell'atto rituale ma sincero è reso vivente e palpitante dai versi che abbiamo tratto dalla raccolta poetica Nel tuo sangue (1973) di Giovanni Testori. Ho conosciuto anch'io questo importante, tormentato, indefinibile scrittore lombardo e la sua spiritualità. Impressiona la sua evocazione della «bocca incrostata di sangue» del Cristo morente: le labbra sono il segno del bacio e il poeta " sulla scia del Cantico dei cantici che si apre proprio col desiderio appassionato di un bacio («Mi baci coi baci della sua bocca») " attende che il Christus patiens accolga il bacio di un peccatore, di un essere impuro che però sa ancora amare.
Accetterà quel bacio oppure volgerà il viso dall'altra parte? In realtà sappiamo come risponde a questa "sfida" colui che non ha esitato a dire a una prostituta: «Sono perdonati i tuoi molti peccati, perché hai molto amato!». È questa la risposta del Dio cristiano che non esita " come dirà san Paolo " a deporre il manto glorioso della sua dignità divina per essere spalla a spalla con gli schiavi crocifissi, gli infelici, i colpevoli. Più freddamente, ma con la stessa intensità, un altro scrittore, Jorge L. Borges, confessava nel suo Cristo in croce: «Il suo è un volto duro, ebreo. / Io non lo vedo, / ma insisterò a cercarlo / fino al giorno / dei miei ultimi passi sulla terra».
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