Assegno per famiglie numerose, spetta anche col permesso di lavoro
mercoledì 24 gennaio 2018
Ancora pochi giorni per ottenere dal Comune di residenza l'assegno per le famiglie numerose, in particolare per i nuclei familiari in cui siano compresi almeno tre figli, tutti di età inferiore a 18 anni, e che dispongano di redditi limitati. L'assegno, riferito all'anno 2017, va richiesto entro il prossimo 31 gennaio. Il suo importo è di 141,30 euro per tredici mensilità, a patto che l'Isee della famiglia non superi gli 8.555,99 euro. L'assegno familiare è pagato dal Comune tramite l'Inps a semestri posticipati, entro il 15 luglio ed il 15 gennaio successivo, per un massimo di 1.836,90 euro. La concessione dell'assegno dura per i singoli mesi durante i quali sono presenti nella famiglia anagrafica almeno tre minori. Questi possono essere anche figli del coniuge oppure ricevuti in affidamento preadottivo. Il genitore che presenta la domanda deve possedere la cittadinanza italiana oppure europea. Le norme allargano però il beneficio ad altri interessati: cittadini di altri Paesi che siano soggiornanti di lungo periodo, familiari non cittadini europei con diritto di soggiorno o di diritto di soggiorno permanente, extracomunitari soggiornanti di lungo periodo, stranieri con lo status di rifugiato o che beneficiano di protezione sussidiaria.
Tra le maglie della legge 448 del 1998, che ha istituito l'assegno comunale, la Corte d'Appello di Genova (con la recente sentenza n. 498/2017) ha individuato una lacuna, segnalandola per il suo rilievo anche alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Il giudice di Genova ricorda che secondo la Corte di Bruxelles il sussidio, anche se è previsto da una norma nazionale, deve essere considerato fra le prestazioni di sicurezza sociale regolate dalle norme dell'Unione a favore di tutti i cittadini comunitari. Dal momento che in Italia è previsto l'assegno per i soli cittadini di un paese extraUe in possesso di un permesso di soggiorno, e non a quelli con "permesso unico per lavoro", la legge italiana viola il principio di parità sancito dalle stesse direttive europee. Un principio - ribadiscono i giudici - "chiaro, preciso, incondizionato" che deve essere applicato direttamente dalle pubbliche amministrazioni. La violazione di questo principio (nel caso, il rigetto del Comune di Genova di una domanda di assegno) costituisce atto di discriminazione censurabile dal giudice.
L'Inps si è sempre dichiarato estraneo sull'attribuzione dei sussidi, perché la legge assegna esclusivamente al Comune la potestà di concederli (o di revocarli) e all'Inps la funzione di ente pagatore, anche quando i dispositivi di pagamento appaiono non in linea con la norma.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI