mercoledì 21 febbraio 2007
Quanto lontano riuscirai ad arrivare nella vita dipende da come hai saputo trattare con delicatezza i piccoli, con comprensione gli anziani, con partecipazione i sofferenti, con pazienza deboli e forti. Perché un giorno tu sarai stato un po' di tutto ciò. Eccoci ancora una volta alle soglie della Quaresima: insieme ne abbiamo celebrate una quindicina meditando all'interno di questa piccola cappella di carta che è il «Mattutino». Oggi sono ricorso a un semplice (ma impegnativo) programma proposto da un autore che non conosco, G.W. Carver: l'unico Carver che mi è noto è, infatti, lo scrittore americano di nome Raymond. M'imbatto in queste parole in un libretto di riflessioni varie e ciò che vorrei sottolineare non è tanto l'impegno per i piccoli, gli anziani, i sofferenti, i deboli - appello tipico della carità cristiana, soprattutto quaresimale - quanto piuttosto due frasi che aprono e chiudono la citazione. Innanzitutto la finale. Quando ci chiniamo su un malato o sopportiamo le bizze di un anziano, forse non pensiamo che tra un pugno di anni noi saremo proprio così, collocati dall'altra parte e allora riusciremo a capire quanto forse siamo stati gretti, sbrigativi, egoisti. Una volta gli antichi predicatori, sia pure con una punta di macabro, suggerivano di provare a immaginare quel giorno in cui saremo rigidi su un letto, nella fissità della morte. Senza produrre sceneggiate, è però realistico ed efficace tentare di metterci dalla parte del sofferente non per solidarietà ma in un'identificazione. Con questa vera condivisione si compie ciò che dice la prima frase della citazione: è soltanto così che arriveremo lontano nella spiritualità più ancora che moltiplicando pratiche di pietà (si legga, per capire questo, stasera in una Bibbia il c. 58 di Isaia).
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