giovedì 22 aprile 2004
Non v'è nulla al mondo dolce come l'amore. E, dopo l'amore, la cosa più dolce è l'odio.Un paio di volte l'anno sono invitato a cena da una famiglia inglese che da tempo vive a Milano e tutte le volte ricevo in dono da loro una raccolta di poesie in inglese. Così, nei giorni scorsi, mi è stata offerta un'antologia del poeta statunitense Henry W. Longfellow (1807-1882). Mentre rientravo, ho iniziato a leggere qualche pagina e, così, mi sono imbattuto nella frase che oggi propongo (da The Spanish student). Sono parole a prima vista sconcertanti, eppure tutti dobbiamo riconoscere che hanno una loro cupa verità, nonostante l'apparente contraddittorietà. Può, infatti, un identico effetto nascere da due sorgenti antitetiche? Questo accade proprio con l'amore e l'odio.
Quando si è innamorati o amati, è un piacere assaporare goccia per goccia i gesti, le parole, i ricordi dell'amore. Ma è altrettanto vero che, quando si odia qualcuno, è fonte di sottile godimento distillare la velenosa dolcezza del male che si augura all'altro o recriminare per ogni particella di odio che l'altro ti ha scagliato addosso. Questa esperienza non di rado ha un corollario particolare che può spiegare parzialmente la stessa esperienza di base: il confine tra amore e odio non è così ferreo come a prima vista appare. Ci sono amori appassionati che insensibilmente si trasformano in odi insanabili: mi viene in mente il terribile racconto La sonata a Kreutzer di Tolstoj (1889-90) ove l'amore si tramuta in gelosia e la gelosia in odio e l'odio in delitto, in modo progressivo e costante. Per questo non ci si deve mai stancare di vegliare su se stessi, sulla volontà, sulle passioni, nella consapevolezza della propria fragilità e debolezza morale.
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