Agricoltura a secco, è allarme
sabato 31 maggio 2003
Gli agricoltori sono tutti con gli occhi puntati verso il cielo. Non piove, i campi sono a secco e le piante iniziano ad avere più di un problema. Almeno così sembra, stando alle ormai numerose prese di posizione che gli addetti ai lavori hanno assunto. L'Italia agricola, ancora una volta, rischia di vedersi tagliare i raccolti a causa della mancanza di acqua. A leggere i comunicati stampa diffusi in questi giorni, la situazione ha già del drammatico. La Cia, una delle organizzazioni principali degli agricoltori, parla di una probabile ferita produttiva pari ad un miliardo di euro. Molto
più di quanto già perso - anche per lo stesso motivo - nel 2002. «Se - spiega la Cia - nelle prossime settimane non ci saranno abbondanti piogge, la siccità potrebbe causare danni pesantissimi non solo alle produzioni tipiche della Pianura Padana e del Nord (mais, cereali, riso, soia, barbabietole), ma anche nel Centro (in particolare grano duro) e nel Sud del Paese dove, nonostante vi siano state precipitazioni piovose, la situazione desta lo stato di allerta degli agricoltori. A rischio sono, infatti, anche molte colture ortofrutticole (ciliege, pere, susine, pesche)». Non da meno è stata la Coldiretti, che ha indicato in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo le regioni più colpite. Non per nulla, proprio in Lombardia si è appena chiusa la seconda Conferenza Internazionale su «Acqua, bonifica e salvaguardia del territorio». Già, perché quello dell'acqua continua ad essere un problema a due facce: l'acqua crea guai quando non c'è, ma anche quando è troppa e incontrollata. Ed è ormai quasi noioso chiedersi il perché di tutto questo. Lo sappiamo tutti. Si tratta del risultato di errori commessi nel passato e della situazione delle strutture irrigue di oggi. Le perdite d'acqua nelle condotte di adduzione e di distribuzione arrivano mediamente al 30-40%, con punte nel meridione del 60 per cento. Si tratta anche - ovviamente - di una situazione che non è solo propria dell'Italia. Ma, a questo punto occorre chiedersi che fare. E, ancora prima, dove prendere le centinaia di milioni di euro che, secondo l'Associazione Nazionale Bonifiche, servirebbero solo per mettere mano all'ammodernamento della rete idrica italiana. Fondi necessari per sviluppare nuove strutture idriche, ma anche per potenziare i Consorzi di bonifica nella distribuzione dell'acqua irrigua, facendo in modo che questi organismi diventino sempre più efficienti e moderni. Soldi che dovrebbero anche essere spesi per la ricerca agronomica, in maniera da avere piante più resistenti alla siccità e alla concentrazione di sali nel terreno. Perché non c'è dubbio che il problema idrico non si può risolvere aspettando che piova, e prevedendo tubi perfetti dove far scorrere l'acqua che ancora non c'è e che forse non ci sarà mai più come un tempo.
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