venerdì 17 aprile 2015
Bompiani ha pubblicato una sorta di «Meridiano» dedicato imprevedibilmente – perché è un autore pressoché dimenticato, e si tratta di un grosso volume che presumibilmente non avrà migliaia di lettori – a una scelta significativa delle opere di Pier Antonio Quarantotti Gambini.Nonostante la mia diffidenza per i doppi nomi e i doppi cognomi ho sempre amato Paqg (chiamiamolo così per risparmiare spazio!). I suoi due libri che mi hanno più appassionato sono presenti nella raccolta curata da Mauro Covacich, e sono il romanzo L’onda dell’incrociatore, il cui titolo fu proposto all’autore da Umberto Saba, suo paterno amico, che per me e certamente per molti è stato anche, credo, una straordinaria introduzione alla storia di Trieste – alla Trieste portuale e proletaria di anni molto lontani (per l’esattezza il 1927) – e il «diario» Primavera a Trieste delle giornate intercorse la ritirata tedesca dalla città e la sua liberazione da parte degli Alleati, nel 1945, mentre si temeva l’arrivo dei titini, che avrebbe certamente provocato una nuova occupazione, anche se ora comunista invece che nazi-fascista. L’onda dell’incrociatore, che fu un tempo di Einaudi come tutta l’opera di Paqg, è reperibile anche in una bella edizione Sellerio. Perché ricordarlo? Perché è a mio parere uno dei più bei romanzi su quell’età delicata che va dalla pubertà alla giovinezza che siamo abituati a chiamare adolescenza. Sulle sue incertezze, sulla sua ansia di scoprire se stessi e di vivere il mondo. I protagonisti, Ario e Lidia e Berto (e il rozzo atleta Eneo) ne rappresentano titubanze e azzardi, incertezze e certezze, e in questo processo di conoscenza e di crescita – di ingresso in un’età adulta che è sempre difficile per tutti – i primi tre, non lo sciocco e aggressivo Eneo, si affrontano con tutta la crudeltà che quell’età può arrivare a esprimere.Viene da paragonare questo romanzo ad alcuni ormai "classiche" opere di scrittori giovani o giovanissimi sulla fatica di esser giovani raccontate da capolavori come Bubu di Montparnasse, Il diavolo in corpo, o Il quartiere del nostro Pratolini. Conoscere è soffrire, diceva un poeta, mettersi alla prova è soffrire, e lo è rendersi autonomi rispetto ai genitori (e comprendere le loro, di incertezze e ambiguità), e può esserlo anche vivere l’amicizia e l’amore e i sentimenti contrastanti che possono nascerne, affetto e gelosia, solidarietà e rivalità, soggezione e dominazione.Questo passaggio, anche se non ha più i riti di un tempo, è difficile anche per i ragazzi di oggi, anche in un mondo come il nostro, che impone modelli più chiusi e alienazioni più gravi di quelle del mondo portuale di una Trieste che comunque, nel romanzo di Paqg, era piena di sole e aperta all’avventura del mare, all’«onda dell’incrociatore» metaforicamente intuita dal grande Saba.
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