martedì 1 febbraio 2005
Chiudere la porta non garantisce la sicurezza, e la storia l"ha dimostrato. L"unico modo per accrescere la sicurezza non è costruire altri muri, ma creare spazi aperti nei quali tutti possano dialogare e sentirsi partecipi dello stesso mondo.Si dice che l"unica opera umana terrestre visibile dalle grandi altezze stratosferiche sia la Muraglia cinese, un imponente e possente sistema di difesa che però non riuscì a rendere inviolabile la Cina. Così accadde al Vallo di Adriano e al muro di Berlino e così accadrà in futuro anche al muro israeliano in Cisgiordania. L"illusorietà delle odierne porte blindate, simbolo del nostro vivere quotidiano, è evidente: noi oggi abbiamo più paura di ieri. Ha, perciò, ragione il noto studioso dei fenomeni sociali Zygmunt Bauman con le parole che abbiamo sopra citato e che sono tratte da un"intervista rilasciata tempo fa al nostro giornale.Lo spazio aperto del confronto e del dialogo è, certo, rischioso, ma è l"orizzonte più adatto ad essere veramente creature umane e non bestie feroci che hanno bisogno di recinti e serragli. Siamo anche noi diversi, siamo pure aggressivi; abbiamo identità a cui non dobbiamo rinunciare, evitando di cadere in un letargo fatto di indifferenza. Eppure tutti siamo «partecipi dello stesso mondo» e il primo nostro nome " che precede quelli familiari, tribali e nazionali, " è Adamo, ossia in ebraico "uomo". È alla riscoperta di questa identità comune che dobbiamo dedicarci, ritrovando anche le nostre radici divine, quell""immagine di Dio" in noi stampata che ci rende tutti figli dell"unico Signore e Creatore e quindi radicalmente fratelli.
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