domenica 19 dicembre 2004
Questo Natale sarà duro/ e lo si vede qui tra questi banchi tetri di piazza Vittorio/ fra le buie facce di disgraziati/ che come bestie cercano/ una luce di dolore, una luce che taglia/ le stesse facce, gli stessi corpi./ Ti cerco e cerco/ la tua faccia ridente, i tuoi occhi, il tuo naso"/ Nessuno è felice, c'è una merce già morta. Il bambino è felice/ perché solo lui vede la luce che verrà. Tutti i romani sanno che cos'è piazza Vittorio, a pochi passi dalla stazione Termini: una volta era una sorta di mercatino popolare, ora è un crogiuolo di razze e idiomi, di volti e di colori diversi. In questo spazio, alle soglie del Natale, si muove la poetessa Giovanna Sicari, morta lo scorso 31 dicembre a soli 49 anni, dopo aver insegnato a Roma nel carcere di Rebibbia. E intuisce in quei visi bui e tristi solo lampi di «una luce di dolore»: è un po' la stessa sensazione che si prova nei centri delle nostre città, occupati da persone che non sperano certo in un Natale felice e camminano chiuse nelle loro angustie e crucci. E' per questo che tutti - come la poetessa in questo inedito pubblicato dalla rivista Letture - cerchiamo ansiosamente una faccia sorridente, occhi che brillino, parole che dicano amore e pace. E alla fine, ecco la sorpresa: non importa che abbiano la pelle bianca o nera, che abbiano un giocattolo o solo un sasso levigato in mano, sono i bambini a svelarci la felicità perché solo loro sanno vedere la luce che viene, il Dio invisibile, la speranza nascosta. Per questo abbiamo bisogno di diventare come i bambini per entrare nella gioia del regno di Dio (cfr. Matteo 18, 4).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: