XIV domenica del tempo ordinario – Anno C In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra [...]» E si avviano, a due a due, spogli di tutto. Se ne vanno allegri e leggeri con in cuore un solo messaggio da ricordare, una sola parola: “Pace”, non filosofie, non astrusi discorsi sulle prove dell’esistenza di Dio. Solo quella pace che avevano sentito bruciare dentro ascoltando il Maestro, quel tepore dolce che avevano assaporato e in cui vien sempre voglia di sostare all’infinito. Senza denaro, senza provviste, senza quei sandali che possono far camminare due metri in più: non servono queste cose, non sono loro a dare forza, conforto o rifugio; meglio lasciarsi trasportare dall’onda di Gesù, fare affidamento su di Lui. Insieme per le strade del mondo, non c’è da inventare nulla, c’è solo da abitare la vita: “Andate per le strade, camminate con la gente, osservate i volti, entrate nelle case, ascoltate il cuore della gente. A mani vuote e
insieme, a due a due.” Nel libro del Qohelet al capitolo 4,9-12 è scritto che è sempre meglio essere in due: se uno cade l’altro lo rialza; se arriva un nemico in due possono resistere; in due, inoltre, ci si scalda meglio. E termina, un po’ a sorpresa,
dicendo: «E una corda a tre capi non si rompe tanto presto». Sembrano due, ma sono tre: c’è qualcuno che lega, c’è un filo invisibile ma presente: c’è con loro Colui che li ha mandati, la loro sola forza. Sembrano due a piedi nudi e mani aperte, senza sandali come Mosè davanti al roveto ardente, forse perché la terra diventa sacra quando si è portatori di pace, forse perché è terra che già pare risplendere. Sembrano due, come agnelli in mezzo ai lupi: e se oggi c’è qualcuno convinto che “homo homini lupus”, Gesù viene a ricordarci che «il lupo e l'agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue e il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno in tutto il mio santo monte» (Is 65,25). È questo il Regno vicino, di una vicinanza che non è nel tempo, cioè che verrà prima o poi, ma nello spazio: ci sta accanto, cammina affianco a noi e diventa possibile e presente già nella nostra vita. Mentre noi pensiamo a uomini, donne, giovani che sono lontani da Dio, Gesù invece oggi ci dice che il Regno è vicino: è uno sguardo diverso, un’ottica inversa quella di Dio, sono occhi d’amore. Anche noi “mandati”, disarmati e forti, sappiamo che con Te avremo il sapore del pane che spezzerai, avremo il calore del fuoco che accenderai, la forza della vita che ci donerai, la dolcezza dell’amore che ci regalerai. (Letture: Isaia 66,10-14; Salmo 65; Galati 6,14-18; Colossesi 3,15.16; Luca 10,1-12.17-20).
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