Ruffini: «Comitati "Più uno" in 200 città. Il programma? Si fa insieme»
L'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate: «In 10 anni abbiamo recuperato 240 miliardi. Potevano servire per un Paese migliore. Ma 6 milioni di persone sono ancora sotto la soglia di povertà»
«Nei miei dieci anni all’Agenzia delle Entrate abbiamo recuperato 240 miliardi, più dei fondi del Pnrr, a chi aveva l’onere di restituirli alla pubblica fruizione per avere un Paese migliore. Ma oggi mi chiedo a che cosa sono serviti se abbiamo ancora un Pese in cui 6 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà». Ernesto Maria Ruffini continua nel suo giro in tutta Italia. La presentazione di Più uno. La politica dell’uguaglianza diventa un’occasione di impegno politico per tanti, fuori dagli attuali partiti per tanti. Stavolta la sala del Focolare Meeting Point dove era fissato l’incontro, ancora prima di iniziare, si è rivelata insufficiente e ci si è dovuti spostare nell’attigua chiesetta di santa Maria del Carmine.
L’obiettivo, dice Rita Padovano, di Europa Forum, nell’introduzione è «costruire una piattaforma dal basso». Una piattaforma, spiega Ruffini che parta proprio all’uguaglianza, dall’articolo 3 della Costituzione, perché se non è una politica per gli altri per allargare a tutti la fruizione del bene comune, «è solo narcisismo». Una politica che nasce dalla «consapevolezza della propria fragilità, che ci porta ad aver bisogno dell’altro e ci mette in ascolto».
Platea folta e qualificata, si sono gli ex sottosegretari Bruno Tabacci, Albertina Soliani e Sandra Zampa, Raffaele Scamardì, della Rete di Trieste del Lazio, l’ex senatore Roberto Di Giovan Paolo
«Sono già più di 200 in 160 città diverse» i Comitati nati del movimento Più Uno da quando è nato, a giugno, annuncia Ruffini. Tanti gli interventi, i contributi, fra questi quello di Alberto Lo Presti, docente di dottrine Politiche alla Lumsa, che indica il metodo della sussidiarietà; dell’ex deputata Argia Albanese, del Movimento politico per l’unità, espressione del Movimento dei Focolari, (che indica la necessità di contribuire insieme a «superare una politica fatta di scontri e di propaganda» che allontana sempre più cittadini dall’impegno e dal voto) di Anna Maria Pitzolu, presidente della Fondazione Ozanam, legata ai Vincenziani, per citarne solo alcuni.
«Vale ancora oggi per noi l’interrogativo che pose De Gasperi alla Basilica di Massenzio, nel maggio del 1946: “Voi italiani siete pronti a smettere di essere sudditi per diventare dei cittadini”?». Ruffini evoca la gratitudine che dobbiamo a una «minoranza, non più di 300mila persone, che combatté per la libertà di tutti noi, fra cui – ricorda – mio padre, che fu prigioniero delle Ss. Abbiamo il dovere di mettere restituire alle giovani generazioni il regalo fatto dai nostri padri, di restituirci la libertà». Perché «il suddito può dare sempre la colpa al sovrano, il cittadino invece sa che è responsabile ogni giorno col suo agire di come vanno le cose". "Dobbiamo mettere da parte l'alibismo - ha proseguito - il costante alibi per il quale la colpa è sempre degli altri e noi non siamo responsabili. In una Repubblica ciascuno è responsabile e non può aspettare con le braccia incrociate la prossima tornata elettorale». «Non ho un programma già pronto da proporvi, se lo avessi mi verrebbero a prendere», ironizza Ruffini. «Ma ho una visione del Paese e dell'Europa – ha detto nella replica - ma non intendo imporle; le metto a disposizione di tutti, per suscitare la passione, la partecipazione. Poi il tutto si riempie di contenuti, perché i programmi vengono dopo; diffidate dal programmismo. L'importante è il cammino, il programma si scrive insieme. I Comitati servono per discutere insieme e scrivere insieme il sogno, prima del programma. Se dicessi di avere già in tasca dove andare vi deluderei. Sorprendiamoci insieme».
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