La tela di Piantedosi, la svolta Ue: ma sui migranti resta il nodo Albania
Al Viminale si rivendica «la collaborazione con Francia e Germania» e si spera nel rilancio del "modello albanese". Le opposizioni: così si cancellano i diritti e si esternalizzano le frontiere

Dal Consiglio Affari interni dell’Ue appena concluso, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ritiene di aver riportato la conferma della validità delle proprie proposte. In un momento decisivo per le politiche europee, è il ragionamento fatto in seno al suo entourage, ha prevalso l’approccio italiano. Lo stesso ministro lo dice apertis verbis: «La svolta che il Governo italiano ha chiesto in materia di migrazione c’è stata - sottolinea -. Finalmente abbiamo ottenuto una lista europea di Paesi d’origine sicuri, riformato completamente il concetto di “Paese terzo sicuro” e ci avviamo a realizzare un sistema europeo per i rimpatri realmente efficace».
La sponda Ue
al “Modello Albania”
Secondo la lettura del Viminale, «finalmente gli Stati membri potranno applicare le procedure accelerate di frontiera», così «come previsto dal protocollo fra Italia e Albania». Con una «novità»: i ricorsi giudiziari «non avranno più un effetto sospensivo automatico della decisione di rimpatrio». Inoltre, la definizione di una lista europea dei Paesi Terzi sicuri - dove compaiono, oltre agli Stati candidati alla adesione all’Unione, anche Paesi come Egitto, Tunisia e Bangladesh - sarebbe «in linea coi provvedimenti già adottati dall’Italia». Con un semaforo verde, si considera all’Interno, alla «possibilità di effettuare rimpatri anche verso Paesi terzi diversi da quelli di origine, e di utilizzare i return hubs non solo come punti di arrivo, ma anche come punti di transito». Una chance che, si ritiene, «aumenta la nostra capacità operativa».
La tela italiana e l’asse con Germania e Francia
Il lavoro dietro le quinte condotto da Piantedosi negli incontri bilaterali coi propri omologhi europei e nelle riunioni comuni, ha favorito il buon esito dei negoziati, per il quale, si valuta al Viminale, «è stata fondamentale la collaborazione, proposta dall’Italia, con la Francia e la Germania». Con Berlino, viene precisato, «abbiamo condiviso un nuovo approccio verso le Ong, che abbiamo convenuto costituire spesso un fattore di pull factor per i flussi migratori irregolari». In coerenza col quadro Ue, Italia e Germania hanno «concordato un azzeramento dei dublinanti fino all’entrata in vigore del nuovo Patto Asilo e Migrazione» quando «i nuovi meccanismi adottati garantiranno il giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità». La notizia è salutata con entusiasmo dal centrodestra e con scetticismo dalle opposizioni: «Per la destra è un successo, in realtà si va verso la sospensione dei diritti e l’esternalizzazione delle frontiere Ue», lamenta l’eurodeputata dem Cecilia Strada.
L’intesa albanese: i costi
e nodi di una scommessa
Finora il piano con Albania, nato due anni fa dal protocollo fra i premier Meloni ed Edi Rama, è una “incompiuta”. I due centri per migranti avrebbero dovuto smistare 36mila persone l’anno, con costi previsti di un miliardo di euro in 5 anni. Ma, dopo le bocciature dei giudici, soltanto quello di Gjader è divenuto un Cpr, con poche decine di rimpatri. Ora il Governo (su cui però pende una nuova richiesta della Corte d’Appello di Roma alla Corte di Giustizia Ue) spera nel rilancio. Ma l’entrata in vigore del regolamento Ue connesso al Piano è prevista a giugno. Fino ad allora, nessun Paese extra-Ue potrà essere considerato sicuro, se non in grado di garantire protezione alla popolazione.
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