Flotilla riparte verso Gaza. Si tratta con l'Ue per corridoi umanitari

La missione umanitaria tiene duro e accantona per ora l'ipotesi-Cipro. La portavoce italiana Delia rientra a Roma e sente Tajani. Il ministro: sconsiglio di forzare il blocco navale
September 26, 2025
Flotilla riparte verso Gaza. Si tratta con l'Ue per corridoi umanitari
Reuters | Un'imbarcazione della Flotilla
La flotta riparte in direzione Gaza. Ed è la risposta più o meno esplicita a 24 ore di febbrili negoziazioni per provare a non far cadere nel vuoto l’appello del capo dello Stato Sergio Mattarella. I militanti di 44 Nazioni a bordo delle imbarcazioni della Flotilla si orientano verso la linea dura, ma senza chiudere completamente la strada della trattativa. Ieri la portavoce italiana Maria Elena Delia, scesa a Creta insieme a un gruppo di attivisti e rientrata a Roma, ha avuto un colloquio telefonico con il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha risposto dalla festa di Forza Italia in corso a Telese Terme, nel beneventano (circostanza che ha causato anche problemi al leader azzurro, per un video in cui cantava le canzoni di Battisti in un clima di festa, ritenuto inopportuno dalle opposizioni).
La sensazione, in una giornata caotica, è che il compito di Delia fosse solo quello di informare Tajani della volontà di Flotilla di proseguire verso Gaza, e di aprire anche una nuova fase comunicativa della missione umanitaria, con una rappresentante apicale dell’organizzazione fissa in Italia per difendere le ragioni dei militanti anche in televisione e sui giornali. Il ministro avrebbe ribadito la pericolosità della scelta di procedere verso Gaza e avrebbe riavanzato la proposta di consegnare gli aiuti a Cipro, per farli giungere a Gaza tramite il Patriarcato latino di Gerusalemme. I contatti proseguiranno, probabilmente con meno risalto pubblico e dunque politico. Tajani, a quanto trapela, avrebbe «sconsigliato» alla missione di forzare il blocco navale israeliano. In ogni caso, ha detto il titolare degli Esteri a Delia, la Fregata Alpino «assisterà» Flotilla in caso di problemi per «qualsiasi assistenza umanitaria». Dopo le polemiche innescate dalle parole di Meloni da New York contro la missione, l’intento del governo sembra ora quello di voler stemperare. In questo quadro arriva anche l’annuncio di un nuovo arrivo in Italia di 150 palestinesi nell'ambito dei progetti di assistenza sanitaria. Insomma l'esecutivo non vuole avere scontri frontali con gli attivisti mentre le piazze per Gaza si riempiono. Tajani ha avvisato Meloni dell'esito del colloquio con Delia, così come il ministro della Difesa Guido Crosetto informa la premier costantemente sulla situazione in mare, ma in questa fase si considera preferibile lasciare al centro delle mediazioni i due ministri che sono apparsi più dialoganti. «Sono a disposizione di Flotilla 24 ore al giorno, a loro ho parlato da padre», riferisce ancora Tajani a tarda sera.
Certamente una delle scelte di Flotilla è quella di non focalizzare tutte le attenzioni sul “botta e risposta” con il governo italiano. Lo si comprende anche dai report dei parlamentari italiani a bordo, che tuttavia specificano di non partecipare alle decisioni strategiche dei militanti e di restare a bordo come «garanzia».
In particolare dalle parole di Arturo Scotto, Pd, si comprende che gli interlocutori dei militanti sono «diversi». D’altra parte ciò è testimoniato dalla telefonata dei giorni scorsi tra il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, e il Patriarcato latino di Gerusalemme, nell’ottica di quella ipotesi-Cipro che comunque resta in piedi. Ancora da Scotto si comprende quale potrebbe essere il nuovo punto di caduta su cui ragionare: l’obiettivo resta «un canale umanitario permanente, quindi ci aspettiamo che l’Unione Europea si muova in questo senso, che metta in atto il diritto internazionale e che faccia pressione su Netanyahu per interrompere il blocco navale. Bisogna che l’Europa prenda una posizione netta». Lo conferma anche Delia dopo il colloquio con Tajani: il focus di un negoziato è un canale umanitario sicuro e continuativo, con l'Ue in prima fila. Sul punto la portavoce vuole avere colloqui a Roma con ministri e leader politici, a riprova di una nuova fase della missione umanitaria.
Si cerca insomma di chiamare in causa Bruxelles. Anche per questo motivo gli attivisti non rinunciano all’ipotesi che più caldeggiano, ovvero l’approdo in Egitto sfiorando le acque territoriali israeliane, dunque raggiungendo la costa a poca distanza dalla Striscia. A quel punto gli aiuti verrebbero scaricati a terra per essere trasportati dai camion verso Gaza. Sarebbe appunto quel «canale umanitario permanente» attraverso il valico di Rafah.
Per capire quanto tempo resta, bisogna considerare che per giungere a Gaza mancano 4-5 giorni. Tuttavia, alert dei Servizi mettono in guardia dal rischio di nuovi attacchi contro le imbarcazioni anche prima che arrivino in acque territoriali.

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