December 5, 2025
Ad Haiti, le gang armate che controllano il territorio assoldano centinaia di bambini.
C’è un’isola nei Caraibi che ha molto da dire alla nostra Europa. È Haiti. Della sua storia di ribellione all’ordine coloniale e schiavista, la cultura, la politica, la società occidentali sono figlie. E debitrici. Non solo in senso metaforico. Il 17 aprile sono stati 200 anni esatti dalla firma del trattato – perfezionato l'11 luglio successivo – che fissò il prezzo esorbitante della libertà dell'isola. Centocinquanta milioni di franchi, 21 miliardi di dollari attuali, che la nuova entità indipendente fu costretta a pagare alla Francia, ex madre-patria, per abbandonare lo status di paria internazionale. Oggi Haiti vive una delle crisi umanitarie più gravi e dimenticate del nostro tempo. Lo Stato non c’è più, le gang controllano la capitale, la miseria riguarda la maggior parte della popolazione.
L’isola che non c’è è un podcast che porta a Port-au-Prince, dove sopravvivere è una sfida quotidiana, tra gli haitiani che riescono a resistere. Cercano, ostinatamente, una speranza.
Ad Haiti, le gang armate che controllano il territorio assoldano centinaia di bambini.
Repubblica dominicana e Haiti condividono lo stesso, piccolo territorio. La prima è una meta turistica con spiagge caraibiche, la seconda è un contesto distopico in mano alla violenza. Perché?
La storia di Haiti è strettamente connessa a quella europea. L'isola conquisto la sua indipendenza dai francesi, colonizzatori, nel 1804: la prima repubblica nera della storia. Ma Parigi non accettò mai di aver perso Haiti...
Ad Haiti la distopia è quotidiana: le gang dominano le strade, ragazzini sparano e nei quartieri si alzano barriere simboliche che non fermano i proiettili.


