sabato 16 dicembre 2017
Non ha mai parlato, ma ci ha detto tanto. Ci sentiva poco, ma ha colto tutto il nostro rumore e amore. Era cieca, ma quante volte abbiamo avuto l’impressione che vedesse oltre. Ci ha trasmesso vita
Vita e morte di Ljuba
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Gentile direttore,

un giorno di maggio del 1991, in una Clinica Universitaria, una donna in condizioni di estrema povertà e disagio, avendo scelto oltre ogni difficoltà la vita per la sua bimba, dona al mondo Ljuba, che vuol dire Amore: una personcina davvero speciale. Tetraparesi spastica, epilettica, cieca, ipo-udente, alimentata con sondino. Ljuba non poteva vedere, giocare, afferrare, mangiare da sola, parlare. Un futuro incerto. La mamma spaventata la lascia in ospedale e va.

Un giorno di agosto del 1992, io e Patti ci sposiamo ed apriamo le porte della nostra neonata Casa Famiglia all’accoglienza secondo lo stile della Comunità Papa Giovanni XXIII. Dopo un mese, Ljuba, irrompe silenziosamente nelle nostre vite, come un uragano fermo. Da quel giorno abbiamo passato più di 25 anni insieme, con gioie e dolori. Anche se i dolori sono stati un pochino troppi, ma sempre affrontati in braccio a mamma e papà. Abbiamo passato tanto tempo insieme in ospedale. E poi arrivano in famiglia fratelli e sorelle, che però non rubano coccole anzi ne danno. E poi i fratelloni speciali di Casa Famiglia, volontari, servizio civile. E poi nonni, zie, cugini. Una vera grande famiglia tutta a dare coccole e carezze.

Ljuba è andata a scuola con insegnanti e compagni, al catechismo, Prima Comunione e Cresima. Di lì Comunione solo con il vino, perché la bocca non accettava altro ed Unzioni degli Infermi per superare momenti difficili. Ljuba ha avuto tanti amici, ascoltato tanta musica. Se Bocelli, Giorgia e Mannoia sapessero quanta gioia le hanno dato! Ha passato tante ore con le amiche del mattino in casa che le facevano compagnia, quando ormai era troppo difficile e doloroso per il viaggio andare al Centro diurno. Negli ultimi mesi della sua vita Ljuba ha avuto infine l’incontro con i dottori e infermieri dall’ago gentile per affrontare e superare il dolore fisico che si faceva sempre più forte. Quando Ljuba è salita in cielo, non siamo riusciti a dire molte parole. Ljuba non ha mai parlato, ma ci ha detto tanto. Ci sentiva poco, ma ha colto tutto il nostro rumore e amore. Era cieca, ma quante volte abbiamo avuto l’impressione che vedesse oltre. È cresciuta insieme ai nostri figli naturali, tra sondini, baci e carezze, che con lei hanno condiviso tutto, anche il cognome. Figli che non hanno subito traumi da questa ingombrante presenza – si pensi al tempo da dedicare, ai macchinari vari, alla carrozzina – ma che hanno riconosciuto il Dono che è stata la Vita passata con Ljuba, un patrimonio affettivo, emozionale, motivazionale. Non avremmo mai potuto immaginare di toglierle l’alimentazione e l’idratazione. La vita è un diritto, la morte no!

Gentile direttore, Ljuba ci ha insegnato l’amore puro, incondizionato e disinteressato. Perciò, semplicemente, non possiamo che dire grazie a Ljuba per aver vissuto con noi. Per averci trasmesso tanta vita piena, piena, piena.

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