mercoledì 12 settembre 2018
Caro direttore per prima cosa vorrei ringraziare te e l’autore per l’ottima analisi di Paolo Lambruschi sulla situazione nei centri di detenzione dei profughi in Libia ...
Via dall'inferno libico verso Europa e Africa
COMMENTA E CONDIVIDI

Caro direttore
per prima cosa vorrei ringraziare te e l’autore per l’ottima analisi di Paolo Lambruschi sulla situazione nei centri di detenzione dei profughi in Libia che hai proposto ai lettori giovedì 6 settembre sotto al titolo «L’ora di un grande corridoio umanitario». Offre una prospettiva importante e seria, soprattutto, in un momento nel quale in Libia sono saltate anche le poche certezze che avevamo e siamo ben consapevoli che non potrà bastare a uscire dal caos una tregua fragile tra le parti in campo. Ancora una volta 'Avvenire' dimostra lucidità di analisi, capacità di leggere gli eventi, prevedendone gli sviluppi, e attenzione, per prima cosa, alla persona umana che è sempre portatrice di diritti inalienabili, ma di più quando è vulnerabile. Indubbiamente, questa nuova crisi non potrà che peggiorare le condizioni di dignità umana delle persone detenute, schiavizzate ed emarginate.

Un inferno più volte denunciato dalle Agenzie internazionali: uomini, donne e bambini sono ridotti a mera merce economica e politica con la quali fare pressione sull’Occidente, mentre i princìpi fondamentali dei diritti umani vengono totalmente sepolti. L’Europa volta di nuovo le spalle e non offre alcun tipo di protezione né mostra segno di indignazione o prova a muovere un qualche passo . L’Italia, d’altro canto, non accenna a intraprendere una concreta azione di politica estera, mentre si trincera dietro a proclami su possibili apocalittici scenari di 'sbarchi di massa' sulle nostre coste e s’impegna a rivolgere pesanti accuse verso altri Stati europei colpevoli di fare i propri interessi a discapito dei nostri.

Di fronte a quanto accade le uniche operazioni possibili ed efficaci sono i 'corridoi umanitari', ma essi non partono dalla Libia (tranne un caso eccezionale relativo a un’altra stagione) e sono purtroppo di piccola entità. Recentemente si è concluso il negoziato delle Nazioni Unite per un Patto Globale sulle migrazioni e per i rifugiati (Global Compact) che sarà sottoscritto in dicembre in Marocco.

E già da ora sappiamo che due soli Paesi si sono sfilati da questo patto: gli Stati Uniti e l’Ungheria. Il Global Compact impegna infatti tutti gli Stati a mettere in campo canali sicuri, regolari e ordinati per i migranti e a mettere a disposizione più investimenti per risolvere le cause strutturali delle migrazioni (insicurezza alimentare, disoccupazione, cattivo governo, effetti del cambiamento climatico, ecc.). Anche quanto stanno facendo alcune agenzie internazionali nel riportare i profughi 'a casa', in Niger, e abbandonandoli al loro destino una volta superati i confini, mostrano come questo strumento sia insufficiente e, al contempo, riveli un’incapacità a pensare a un concreto e possibile futuro per queste persone, affinché non intraprendano nuovamente un viaggio verso l’incerto.

Questo ci porta a chiedere, date le disumane condizioni esistenti, un grande impegno da parte di tutti i Paesi e le comunità che credono nella dignità umana per una cooperazione che apra e moltiplichi i 'corridoi umanitari' dalla Libia non solo verso l’Europa, ma anche verso quei Paesi africani da cui provengono con iniziative di ritorno, reintegrazione e investimento in attività produttive. Un vero e proprio progetto di vita e di speranza non solo per le persone coinvolte, ma anche di sviluppo economico e sociale per i Paesi di provenienza. Siamo certi che questa potrebbe essere la strada da intraprendere ben consapevoli dell’esperienza tratta nei decenni di impegno dei volontari nei progetti intrapresi dalle nostre associazioni socie della Federazione in tante parti del mondo.

È in quella nostra aderenza alle diverse realtà territoriali, in quella nostra capacità di condivisione con le comunità, le diocesi locali e le autorità delle diverse regioni che un progetto di questo tipo si può rendere concreto. Ci rendiamo ovviamente conto che questa non è 'la' soluzione, ma nell’attuale situazione occorre offrire con urgenza buone opportunità per uscire dall’inferno libico. E per questo si possono mobilitare subito persone e organizzazioni di buon volontà, a partire dalle realtà cattoliche.

Presidente Focsiv
(Federazione degli organismi cristiani di servizio internazionale volontario)

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI