mercoledì 15 gennaio 2014
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Quello dopo le motivazioni della Consulta è l’ennesimo giorno che mette a dura prova gli equilibri (già delicatissimi) della maggioranza. E con Letta assente per "cause di forza maggiore" (è in visita di Stato in Messico), è ancora Matteo Renzi - con la sua linea da "rullo compressore" - a non aiutare la tenuta del quadro politico. Dopo che il primo atto nel 2014 della Corte Costituzionale non ha sciolto la matassa della riforma elettorale (non dando una chiara indicazione in favore dell’uno o dell’altro modello), il sindaco-segretario del Pd irrompe su un arco di fronti. Continua a ritenere il rimpasto di governo una «logica vecchia», affidandone semmai l’onere al capo del governo, ma nello stesso tempo fa di tutto per crearne le condizioni e mette sempre più sulla graticola il ministro De Girolamo - facendo un parallelo con il caso Idem, che si dimise - per le sue poco eleganti "incursioni" negli affari della Asl di Benevento. E prende le mosse dalla legge sul voto per sferrare un nuovo, durissimo attacco al Ncd e ad Angelino Alfano, dove le regole elettorali sono solo un pretesto (per Renzi la proposta sul Senato del Nuovo Centrodestra, che insiste nel volere una parte eletta dai cittadini, è un «clamoroso passo indietro») per ribadire con grande chiarezza che se gli alfaniani non accettano l’intero pacchetto di "riforme" - inclusivo, nella visione renziana, di ius soli e dei diritti per le coppie, anche gay - si creano problemi seri.Una nuova "provocazione", insomma, proprio sui temi più divisivi del dibattito. Per di più condita dall’assicurazione data a Enrico Letta - che però suona quasi più come uno sberleffo - che, con la sua firma su questo pacchetto, sparirebbero «anche le preoccupazioni» del premier. Timori che, invece, assillano il presidente del Consiglio anche nella lontana terra messicana da dove, irritato, lancia per canali non ufficiali nuovi richiami alla «responsabilità». Naturalmente l’assicurazione del leader del Pd va letta anche nel senso opposto: se il governo non procede sulla via delle riforme, la sua sopravvivenza è in dubbio. Per poter approdare al 2015, dopo il semestre europeo, l’unica garanzia è che il premier riesca in qualche modo a convincere Alfano. Altrimenti, visti tutti gli sforzi del Quirinale per evitare il "trauma" delle elezioni nei 6 mesi nei quali l’Italia avrà la presidenza della Ue, un tracollo da qui a maggio resta ancora un’ipotesi da non escludere. D’altronde i toni usati da Renzi nell’incontro serale coi senatori Pd non lasciano dubbi: ha definito «un eufemismo» dire che questo governo abbia fatto poco e ha invitato Letta a «giocare» con l’assetto di governo, purché si vinca.La premessa di quest’altra giornata difficile resta la solita: Renzi ha l’assoluta necessità, politica ed elettorale, di ottenere risultati tangibili nel breve-medio periodo. E si mostra disponibile alla "lealtà parlamentare" solo in funzione dei risultati ottenuti e non delle poltrone. In questo quadro così sfilacciato, non sorprende l’uscita (poi derubricata a «provocazione») di Fabrizio Saccomanni, uno dei ministri più discussi: per lui un successo dei nazionalismi alle Europee di maggio potrebbe anche essere «uno choc positivo per i partiti».
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