Covid, la sfida delle tre T (anzi quattro)
mercoledì 3 giugno 2020

Molti scienziati, in particolare quelli di Sanità pubblica soffrono della Sindrome di Cassandra: intendiamoci, non la vera patologia che porta a un comportamento eccessivamente pessimista e dallo sfondo ossessivo-maniacale, ma quello stato d’animo di chi sa di avere ragione e di non essere mai creduto. A dirlo oggi sembra esagerato e anche un po’ incredibile, ma la pandemia che quest’anno ha colpito l’umanità era uno degli eventi più prevedibili della storia. I motivi sono presto detti, e sono gli stessi che hanno portato molti di noi scienziati a lanciare ripetuti avvertimenti ai politici e all’opinione pubblica, a partire dall’epidemia di Sars del 2002, causata da un altro coronavirus: la promiscuità tra animali e uomini, la rapidità degli spostamenti, la mancanza di prevenzione.

Sars nel 2002, influenza pandemica nel 2009, Mers nel 2012, erano tutte avvisaglie, e tutte con un denominatore comune: virus a trasmissione respiratoria provenienti dagli animali dopo un salto di specie e rapidamente diffusisi grazie ai viaggi aerei. Le principali azioni da fare erano teoricamente semplici: limitare i rischi del salto di specie e prepararsi a un’azione rapida e coordinata nel momento del pericolo. Entrambe sono state ignorate. È un po’ la sensazione che hanno oggi molti di noi, non solo in Italia, alla vigilia di una “liberazione” – da stamattina – della mobilità sociale dopo gli importanti risultati raggiunti con le misure e i sacrifici dei mesi scorsi.

Il trend generale è sicuramente positivo, e stanno andando nella giusta direzione anche Regioni che hanno avuto nei giorni passati un’incidenza di casi sopra la media. In tutta Italia la vera sfida ora è quella di rintracciare e isolare precocemente tutti i nuovi positivi, ma dove la circolazione del virus è ancora intensa, come in alcune province della Lombardia, bisognerebbe essere più prudenti.

Covid-19 viene trasmesso in modo molto efficiente. La persona media infetta diffonde la malattia ad altre due o tre – un tasso esponenziale di aumento. Vi sono anche prove evidenti che può essere trasmesso da persone che sono solo leggermente malate o addirittura pre-sintomatiche. Ciò significa che Covid-19 sarà molto più difficile da contenere rispetto alla sindrome respiratoria del Medio Oriente o alla sindrome respiratoria acuta grave (Sars), che erano diffuse in modo molto meno efficiente e solo dalle persone sintomatiche. In effetti, Covid-19 ha già causato un numero di casi 10 volte superiore a quello della Sars in un quarto del tempo.

Per gestire la “Fase 2” gli indicatori del monitoraggio elaborati da Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute sono quelli giusti, ma i dati devono essere forniti costantemente dalle Regioni ed essere affidabili e in alcune aree vanno resi più adeguati di quanto oggi non siano. E poi non tutti i nostri 21 sistemi sanitari regionali sono pronti alla sfida delle tre T: tracciare, testare e trattare. Sulla prima T un po’ di ritardo c’è stato dappertutto, perché il tracciamento deve essere sia tecnologico – e la App deve ancora partire – sia manuale. E qui grazie al Decreto Rilancio si stanno potenziando i dipartimenti di prevenzione che se ne fanno carico. Sulla seconda T si è potenziato il fuoco dei test diagnostici, che viaggiano da tempo al ritmo di circa 70mila al giorno. E sulla terza T, i trattamenti, abbiamo fatto grandi passi avanti con le cure precoci.

Ma oltre la fase acuta immediata, è ipotizzabile che la pandemia rappresenti per il nostro Servizio sanitario nazionale l’evento che fa segnare un nuovo inizio, un’inversione di tendenza rispetto all’inarrestabile declino avviato negli ultimi dieci anni?

L’emergenza coronavirus si è scaraventata sulle debolezze del nostro Sistema sanitario ed è stato solo grazie alla resistenza, in molti casi eroica, degli operatori che il prezzo di vite umane non ha fatto registrare un bilancio ancora più drammatico. Il Sistema sanitario è arrivato esangue a questa sfida, depauperato di migliaia di medici e infermieri non sostituiti, di posti letto eliminati, di attrezzature non rinnovate, di organizzazioni sanitarie non adeguatamente gestite, di finanziamenti ridotti al lumicino. Per vincere questa sfida è perciò necessario cambiare rotta su una serie di aspetti che hanno caratterizzato la politica sanitaria italiana dal 2001 fino a oggi. La sfida più importante che oggi si possa raccogliere è riuscire a vedere questa crisi come un’opportunità per introdurre riforme del Sistema sanitario e, più in generale, del Sistema di sicurezza sociale.

Da un punto di vista di benessere collettivo la strategia ottimale dovrebbe essere quella di disegnare politiche sanitarie che siano “dinamicamente efficienti”, che vuol dire creare oggi le migliori condizioni per operare meglio domani. In questo contesto il nostro Ssn dovrà finalmente sganciarsi dalla prevalente logica “ospedalocentrica” che tanto ha contribuito ad aggravare, soprattutto in alcune Regioni, l’impatto dell’epidemia da nuovo coronavirus e, finalmente, articolare il sistema su tre pilastri, tutti fondamentali ed equilibrati tra loro: l’ospedale, la medicina generale, la sanità pubblica territoriale.

Ma tutto questo deve essere fortemente accelerato e coordinato per evitare una seconda ondata prima dell’estate e una possibile emergenza in autunno, quando è certo che ritorneranno tutti i virus che colpiscono le vie respiratorie: influenzali, parainfluenzali e, presumibilmente, anche i coronavirus. In ultimo, ma non per importanza, conterà la capacità di civile e razionale contenimento di fenomeni di negazionismo e di protesta che si sono rivisti anche prima della riapertura con gli assembramenti irresponsabili di manifestanti in molte città italiane.

È importante continuare a informare e comunicare in modo chiaro, e mirato e a questo non giova la sconcertante leggerezza con cui alcuni clinici si avventurano in ricostruzioni e proposte di Sanità pubblica che infrangono il senso di responsabilità e confondono i cittadini. Anche per questo non dobbiamo farci cogliere impreparati. E qui emerge la sfida di una quarta T: non c’è tempo da perdere.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI