mercoledì 25 maggio 2011
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La splendida basilica di Santa Maria Maggiore, carica di attese, di sogni di uomini e donne che per secoli hanno affidato alla Vergine le loro speranze di riscatto, ha nuovamente aperto le sue porte per far entrare ieri il rumore del futuro, le parole di un popolo che cerca nella fede non un alibi per fuggire la storia ma lo slancio per trasformarla in luogo di giustizia e di pace. «La fede, infatti, non è alienazione – afferma Benedetto XVI, parlando ai vescovi d’Italia –, sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità».A conclusione dell’assemblea generale, il Santo Padre e i vescovi italiani hanno voluto riunirsi in questo luogo santo quasi a volervi riunire l’Italia, ricongiungerla e affidarla alla Madre di Gesù, Madre nostra, Maria, Madre di Dio, come dichiarato a Nicea. Quel grande Concilio, racchiuso nel bronzo della Porta Santa della basilica, ricorda a quanti la varcano che è sempre tempo di imparare dalla Donna, dalla Madre. Imparare i percorsi straordinari del Vangelo, per seguire l’invito che da Cana di Galilea a oggi arriva alle orecchie dei giusti: «Fate quello che lui vi dirà».A centocinquant’anni dall’unità politica del Paese, il Santo Padre la invoca, la interpella come Mater unitatis, e chiede all’Italia, ai suoi cittadini di farsi discepoli della Donna e imparare da lei il ritmo dei passi del Maestro di Galilea: «Questa sera, in particolare, alla scuola di Maria siamo stati invitati a condividere i passi di Gesù». Essere alla scuola di Maria è lasciarsi illuminare da Gesù di Nazaret, che con la sua Parola rende possibile la rinascita di un uomo nuovo, di una nazione santa, di un popolo che sappia riconoscere i sentieri della giustizia, della verità, della pace.Benedetto XVI affida l’Italia a Maria e per questo la indica come Madre dell’Unità; un appellativo non nuovo ma carico di senso, auspicio profetico di un tempo che vede uniti uomini e donne della nostra terra, oltre la crisi e le difficoltà presenti. Non nasconde Papa Benedetto le insidie che ostacolano e limitano l’unità, ma con gli umili e i forti del Paese segna con il suo insegnamento il confine tra il desiderio di una possibile nuova convivenza e la costruzione concreta di una nazione santa: «L’anniversario dell’evento fondativo dello Stato unitario vi ha trovati puntuali nel richiamare i tasselli di una memoria condivisa e sensibili nell’additare gli elementi di una prospettiva futura. Non esitate a stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica». Una unità della nazione che Benedetto auspica come uguale desiderio di ogni credente, di ogni cittadino a partecipare al bene comune, al superamento delle barriere pregiudiziali tra Nord e Sud del Paese. Unità che vince nella difesa entusiastica della vita in ogni sua manifestazione, nella capacità di fare della differenza una ricchezza, nella possibilità soprattutto delle giovani generazioni di avere sempre una famiglia – scuola primaria di umanità – capace di accompagnarle nella sfida educativa, e un’economia solidale pronta a costruire per loro spazi di integrazione, sviluppo e lavoro.Il Papa rivendica il ruolo della Chiesa a essere presente, senza prevaricare, accanto ai suoi figli e ai fratelli che la provvidenza le ha affidato e, con umiltà e determinazione, chiede che si apra una nuova stagione «nella quale emerge con sempre maggior forza la richiesta di solidi riferimenti spirituali». Una stagione in cui ogni cittadino saprà lottare per dichiarare «la vittoria di Dio sul male e sulla morte, quale orizzonte che getta una luce di speranza sul presente».
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