giovedì 25 febbraio 2016
 Un libero pensiero e un augurio per Eco
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«Eccoli, sono così laici, ma così laici da diventare una malacopia dei preti». Questo ho pensato ieri – da libero ragionatore e libero credente quale sono – vedendo i resoconti del partecipato e commosso saluto o 'funerale laico' di Umberto Eco. Chissà perché quell’aggettivo. Mia nonna, donna religiosissima, non si sognava mica di metter l’aggettivo 'religioso' alle cose che faceva. Lo erano e basta. Forse gli organizzatori e i cronisti dell’ultimo accompagnamento al professore, maestro del pensiero eclettico e relativista, hanno avuto un dubbio: se non lo si specifica almeno mille, millecinquecento volte in ogni articolo e servizio tv, beh si rischia di confondere. E infatti, tra omelie e riferimenti a Dio, beh un po’ si poteva non capire bene. Una malacopia, in effetti. Anche la battutina finale di Moni Ovadia, sul Dio che sopporta i credenti e predilige gli atei, è suonata come una specie di captatio benevolentiae nei confronti di quel Dio più volte negato nella opera e nella riflessione di Eco. Insomma, un simpatico teatro. Dove non a caso il segno umano più vero è stato quello dato dal ricordo senza fronzoli e senza retorica su Dio del giovane nipote. Il fatto è che appunto, la gran cerimonia laica d’Italia assomigliava un sacco a una cosa para-religiosa... Ovvio, dirà qualcuno, il defunto non ha forse raggiunto la fama con un romanzo che parla di frati, preti, Dio, monasteri, male etc? Se non altro, la religione come effetto marketing Eco ha saputo usarla, no? Sì, certo, obietterà qualcun altro, ma erano tutte cose viste da un pensiero dissacrante, critico, polemico... Il fatto resta: questi grandi laici ronzano intorno a Dio come le api al miele. E sembrano abbiano come principale scopo somigliare a teologi, a vescovi, a grandi nuovi preti. Comprensibile, e anche un po’ buffo. Siamo meno clericali noi cattolici. Evidentemente – e su questo Eco era d’accordo – essere laici non significa non essere religiosi. Ma significa distanziarsi, come lui fece, dalla fede cristiana. In questo sta una ennesima quasi simpatica furbizia del pensiero cosiddetto laico: si distanzia o addirittura vorrebbe eliminare il cristianesimo e i suoi segni dalla nostra storia, ma per sostituirlo con un’altra idea religiosa, di rapporto con un Dio che assume di volta in volta altri connotati rispetto a quello del volto del Nazareno. Può essere la vecchia acciaccata Dea Ragione, o una idea di Umanità, o di Giustizia o di Libertà, o una delle tante parole che amano scrivere con la maiuscola. A volte persino l’Arte. Ovadia e gli altri officianti riti del genere dovrebbe saperlo: non esistono gli atei, ma i credenti e gli idolatri. E certo, si può credere in tanti modi e a diversi dei, compreso in quel dio triste che è la Fama. In tal modo, proprio coloro che impropriamente amano definirsi laici dimostrano che – per l’uomo moderno – non c’è cosa più interessante di Dio, come sapeva già Dostoevskij. Non occore essere studiosi del Medioevo per sapere che infatti la parola 'laico' diversamente da quanto usato in questi giorni, non significa senza fede. Ma semplicemente non chierico. E invece appunto – paradosso – questi laici sembrano proprio dei chierici. Peraltro un po’ fissati con Dio. Finiscono per dimostrare che aveva ragione Charles Péguy, visto che a Eco piacevano le citazioni. Il poeta francese infatti metteva i guardia in cristiani da due tipi opposti di 'clericalesimo': quelli dei clericali e quello degli anti-clericali. Per entrambe la fazioni, infatti, il mondo viene ridotto solo a pretesto, e gli avvenimenti – compreso il grande Avvenimento storico della figura di Cristo – sono solo uno spunto per poi seguire solo la propria mente e il proprio potere. Un poeta romagnolo che di certo Eco non deve aver letto, immagina di trovarsi nell’al di là, in fila con altri davanti al Signore. E dice di sperare di cavarsela con quel tipo di simpatico scapaccione che in Romagna chiamiamo un tozzone. Ecco, credo sia andata così anche a Eco. Me lo auguro. Per lui e per tutti.
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