mercoledì 1 marzo 2023
Superata la fase critica del gelo che avrebbe dovuto mettere in ginocchio il Paese. Ora si apre la possibilità di azioni da parte di Kiev. E Mosca si è mostrata impreparata alle incursioni dal cielo
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La guerra è giunta al 371° giorno e ha superato il mese di febbraio. Per l’Ucraina è di fatto la fine dell’inverno, un inverno che doveva essere, nelle minacce russe, buio e freddo sia per l’Europa sia, in particolare, per il Paese invaso da Mosca. Non è stato così, e le ultime 48 ore segnalano la vitalità bellica di Kiev e la mancanza di forti reazioni da parte della Federazione, mentre si attendono novità del fronte diplomatico dopo la presentazione del piano di pace cinese.

La stagione più fredda va verso la conclusione in Ucraina e l’inizio di marzo segna la fine dell’incubo gelo per la nazione sotto attacco. La strategia ideata dai comandanti russi di distruzione delle infrastrutture energetiche per fiaccare la resistenza della popolazione non ha portato ai risultati sperati dagli aggressori. I generatori consegnati dall’Occidente sono ormai quasi superflui in alcune zone (ma potranno ancora venire utili in seguito). Le interruzioni di elettricità vanno diminuendo, anche per l’aumentare delle temperature che richiede minore ricorso al riscaldamento. E, in alcune regioni, la gente rimasta a vivere sotto i bombardamenti si è ormai acconciata a tirare avanti quasi senza luce.

Il generale inverno questa volta non è stato alleato di Mosca, come era accaduto in altre guerre e le due parti in conflitto affrontano l’incipiente primavera con progetti “annunciati” e novità sul campo. Rientra in questa strategia di sorprese militari il lancio ripetuto di droni ucraini all’interno del territorio russo. La mossa più simbolica che efficace è servita a segnalare la relativa impreparazione di Mosca su più livelli. In primo luogo, non aveva previsto con la propria intelligence questa prova di guerra aerea portata dal nemico in profondità nelle proprie retrovie. In secondo luogo, non ha mostrato di avere un efficace sistema di intercettazione antiaerea che garantisca protezione totale agli obiettivi sensibili.

La Russia ha annunciato di aver sventato l’attacco più recente con droni sulla Crimea, grazie all'abbattimento di almeno dieci velivoli. Non è dato di sapere se la versione delle forze armate sia affidabile, né è possibile avere un quadro completo dell’offensiva, che gli stessi comandi ucraini negano o non commentano. I mini-velivoli senza pilota utilizzati avrebbero autonomia per raggiungere perfino Mosca e San Pietroburgo partendo in prossimità del confine. La loro capacità di colpire, con piccole quantità di esplosivo, è ridotta e si configura quindi come poco più che un’azione di disturbo. Ma i commenti che lo stesso Putin ha rilasciato fanno trapelare l’imbarazzo e la rabbia per essersi trovati con la guardia abbassata.

Ancora una volta, è difficile interpretare questi segnali di debolezza dell’apparato militare russo. Significa che la tanto annunciata ripartenza dell’operazione speciale con forze fresche e mezzi rinnovati non sarà altro che una ripetizione della prima, sanguinosa certo, ma non risolutiva? E dalla parte di Kiev l’uso di droni “fatti in casa” è soltanto un diversivo e un colpo di immagine, capace comunque di seminare ulteriori dubbi sulla forza dell’Armata di invasione?

Nell’attesa degli aiuti militari occidentali che sono in consegna in queste settimane, rimane caldissimo il fronte di Bakhmut, dove potrebbe alla fine avere il sopravvento il peso dei numeri, grazie al continuo afflusso di soldati di Mosca. Sugli altri scacchieri non si vedono per ora movimenti di rilievo. C’è dunque da mettere in conto qualche mossa inattesa, sia da parte di Zelensky sia da parte di Putin. Sul primo versante, è anche da capire quale sarà l’influenza che il Pentagono potrà esercitare sulle scelte di Kiev. È noto che l’intelligence Nato fornisce un supporto importantissimo sia durante le battaglie campali sia per i blitz contro obiettivi specifici. Non sempre, tuttavia, vi sono stati condivisione totale e accordo su informazioni e strategie.

Biden forse vorrebbe un attacco massiccio che metta in difficoltà il Cremlino e lo convinca a un’interruzione, anche temporanea, delle ostilità, pressato com'è dalla voglia di risparmio sugli aiuti dei repubblicani al Congresso. Si riaffaccia lo scenario coreano, già più volte evocato anche in questa rubrica. Si tratta di un cessate il fuoco senza vere trattative di pace: una situazione formalmente precaria di fatto congelata per reciproco interesse, come accaduto sul 38° parallelo nel 1953 con un armistizio voluto soprattutto da Cina e Stati Uniti e che all’inizio le due Coree non volevano riconoscere. Non sarebbe però una soluzione tranquillizzante per l’Ucraina con un Putin sempre pronto a riprendere le armi se non venisse costituita una rete di difesa per Kiev da parte dei Paesi dell’Alleanza atlantica.

La situazione, insomma, rimane tragicamente complessa e senza apparenti sbocchi a breve termine. La “fine” dell’inverno apre ora a evoluzioni sul campo e, a cascata, politiche e diplomatiche.

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