lunedì 20 febbraio 2023
Il viaggio a Kiev del presidente americano dice che la Russia non può vincere sul campo e che la Cina è chiamata a mediare. L'Europa ha un ruolo importante da mantenere. Adesso gli occhi sul Cremlino
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La guerra in Ucraina è giunta al 362° giorno, segnato dalla visita di Joe Biden a Kiev, un gesto che ha un grande valore simbolico a pochi giorni dall’anniversario dell’invasione russa.

Il presidente americano è arrivato nella capitale che un anno fa era sotto attacco diretto. Ha ricordato di essere stato il primo leader mondiale a parlare con il presidente Volodymyr Zelensky e che in sottofondo, allora, si sentivano le esplosioni che sembravano preludere alla capitolazione del Paese. Oggi la città era tranquilla (anche se le sirene hanno suonato, ma Mosca era stata avvertita del viaggio “per evitare un conflitto nucleare”) e il capo della Casa Bianca ha dato una dimostrazione di forza e un segnale di sostegno che è difficile sottovalutare in questo momento.

Secondo indiscrezioni raccolte, tra gli altri, dalla Bbc, a Biden erano state proposte altre località, tra cui Leopoli, lontana dai combattimenti, che sarebbe stata molto più sicura e facile da raggiungere. Ma l’anziano leader ha preferito sobbarcarsi il viaggio di 10 ore in treno fino a Kiev per inviare un messaggio il più forte possibile. Un messaggio che va oltre i 500 milioni di dollari in nuovi aiuti militari, i possibili invii di missili a lunga gittata e perfino la fornitura di qualche caccia. Il presidente americano che ha voluto arrivare personalmente a Kiev dice al mondo intero che l’impegno americano a fare sì che l’Ucraina non esca sconfitta da questa guerra è pieno. Che non sia sconfitta l’Ucraina significa che non vinca Vladimir Putin, con la sua politica imperialista di aggressione e annessione territoriale.

Questo sembra affermare in primo luogo il presidente americano. Non ci saranno cedimenti su questo punto chiave. Si potranno modulare gli aiuti, ci saranno ancora dissensi sull’entità degli arsenali, tutti i miliardi necessari per un funzionamento pieno dello Stato ucraino forse non arriveranno a stretto giro con la maggioranza repubblicana alla Camera dei rappresentanti, ma la Casa Bianca è determinata a fermare l’espansionismo del Cremlino.

Questo non equivale all’assicurazione che Kiev potrà riconquistare tutti i territori, Crimea compresa, né tanto meno che vi debba essere un cambio di inquilino al Cremlino. Biden ha sicuramente parlato con Zelensky di una fase due del conflitto, nella quale anche la diplomazia possa assumere il ruolo principale per mettere fine ai combattimenti. Nemmeno gli Stati Uniti vogliono una guerra infinita, in primo luogo perché troppo costosa e politicamente insostenibile sul piano interno americano. La Russia è già logorata, il suggerimento del Pentagono ai vertici militari ucraini è quindi di avviare la controffensiva di primavera il prima possibile, al fine di rimettere sulla difensiva l’esercito della Federazione e impedirgli di tornare a minacciare l’integrità territoriale del Paese invaso.

Ma la narrazione del viaggio del presidente Usa è costruita per andare oltre la dialettica Washington-Mosca. È l’indicazione esplicita a tutte le nazioni “non allineate” in questa crisi (“non allineato” vuol dire un vantaggio per Mosca) che l’America non ha intenzione di lasciare spazio ai progetti di Putin e mira a un ordine internazionale in cui il diritto va rispettato e gli Stati Uniti hanno ancora il ruolo di “gendarme” della democrazia, dove essa sia direttamente e seriamente minacciata insieme, ovviamente, agli interessi del gendarme stesso.

La Cina è quindi l’altro interlocutore decisivo per uscire dalla fase dei combattimenti. Non sostenga Mosca più di quanto ha fatto finora, metta il suo peso economico e politico nella crisi per una soluzione accettabile da tutte le parti. Xi Jinping è sensibile alle forme e alle simbologie, non è disposto però a prendere ordini da nessuno. I “non allineati” resteranno, dunque, in gran parte tali. La scommessa di Biden ha pertanto bisogno dell’appoggio forte e costante dell’Europa, sia politicamente sia militarmente. La visita della premier Giorgia Meloni, che verosimilmente seguirà di poche ore quella del leader Usa, dovrebbe riaffermare questa volontà.

Sarà interessante vedere se Vladimir Putin saprà trovare un mondo di rispondere teatralmente in modo altrettanto efficace al viaggio di Biden a Kiev. La mossa ha sorpreso i media e gli analisti di regime, che hanno replicato con sprezzo: i falchi hanno addirittura ipotizzato un bombardamento su Biden. Sicuramente, la determinazione del cosiddetto (da Mosca) Occidente collettivo potrà convincere Mosca che non c’è spazio per il successo che era nei suoi piani e si deve giungere a una qualche soluzione di compromesso. Una speranza per mettere fine al massacro che dura ormai da un anno intero.

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