sabato 12 marzo 2022
Continuano i bombardamenti sull'Ucraina ma a Mosca vi sono incrinature nell'apparato che deve condurre il conflitto. Le piazze europee premono per la pace insieme agli sforzi della diplomazia vaticana
Nel 17° giorno di guerra, ecco i primi segnali di debolezza della Russia

Avvenire

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Con quattro fronti aperti, le Forze armate russe selezionano alcuni bersagli per continuare la loro opera di terrore e di disarticolazione delle infrastrutture ucraine. Ci si accanisce ancora su alcune città non ancora pienamente controllate, come Mariupol, e si tenta di evitare che le truppe di Kiev possano riprendere alcuni snodi strategici. La capitale resta sotto la plumbea minaccia di un attacco frontale che ancora viene procrastinato. Difficile decifrare le manovre sul campo, tante sono le variabili strettamente militari e quelle politiche in gioco. Si intravedono, tuttavia, segnali di debolezza che potrebbero spingere verso una trattativa più concreta. Come i due leader degli Stati belligeranti hanno fatto velatamente intendere.

Nessuno vuole cedere nulla, com'è comprensibile. Eppure, da Mosca arrivano notizie da confermare totalmente ma lo stesso assai significative. Si parla di epurazioni e arresti negli alti gradi dei servizi e dell'esercito, ufficiali rei di non avere correttamente informato chi doveva dare luce verde all'invasione. Molti fattori era noti ed evidenziati addirittura dagli analisti occidentali in articoli di giornale che si potevano leggere anche in Russia, a partire dalle difficoltà logistiche dovute allo scioglimento delle nevi, per fare solo un esempio. Ma la consistenza della resistenza ucraina è stata probabilmente sottovalutata malgrado gli 007 infiltrati. E sopravvalutata è stata la possibilità di arrivare a catturare o a uccidere il leader nemico nel suo palazzo.

Gli ostacoli che incontra l'avanzata russa non deve fare pensare che la capacità delle forze di reggere l'urto di Kiev sia infinita. I continui appelli all'Occidente per avere una no-fly zone e/o aerei per fermare le incursioni nei cieli indicano il punto critico dal quale può passare il cedimento del fronte. Un video fatto circolare dal governo mostra come sarebbero stati i bombardamenti subiti dalla capitale ucraina se fossero stati diretti su Parigi. Il presidente Macron in effetti non risparmia sforzi e ha tentato ancora, insieme al collega tedesco Scholz, di smuovere la caparbia determinazione di Putin per ottenere una tregua. Ma senza esito.

Questo non significa che la diplomazia sia in stallo. L'appello accorato di Papa Francesco, insieme all'offerta di mediazione reiterata da parte del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, suggeriscono un percorso di trattativa sotto l'egida di una parte, la Santa Sede, che non ha interessi in gioco, né secondi fini, se non il sincero desiderio di riportare la pace nel cuore dell'Europa devastato da un conflitto che non risparmia i bambini. Nelle stesse ore sia il presidente russo sia quello ucraino, come detto, hanno fatto trapelare che qualche spiraglio potrebbe aprirsi, che qualche ultimatum potrebbe cadere.

La cautela deve però rimanere massima, perché attualmente stanno parlando le armi e non le proposte di reciproche concessioni. Intanto, le cento piazze europee "non equidistanti", riempitesi nel pomeriggio del diciassettesimo giorno di conflitto, dicono anche a Mosca quanto è difficile cercare di stravincere una guerra davanti alla quale il fronte occidentale è deciso a non voltare la testa. Non ci sono cedimenti nell'opinione pubblica, a parte settori minoritari più favorevoli alle (cattive) ragioni di Mosca. Resterà quindi alta la pressione sui governi perché nulla sia lasciato intentato per fermare Putin. E le nuove file nei negozi russi sono uno dei campanelli d'allarme per il Cremlino, in un Paese che non è più abituato alla penuria dei tempi andati.

La settimana che si apre potrà dire molto sugli sviluppi di una crisi che potrebbe anche riservare svolte improvvise. Un indicatore è il tentativo dei russi di tenere referendum improvvisati nelle città occupate, a partire da Kherson, per sancire l'autonomia dall'Ucraina. Una mossa che potrebbe avviare una nuova fase del conflitto.


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