Umiltà, rispetto e solidarietà: tre parole per dire pace
domenica 31 dicembre 2023

Tre parole per dire la pace, di cui tanto sentiamo il bisogno all’inizio di questo nuovo anno di fronte agli scenari tragici delle guerre in corso e dell’insicurezza diffusa che ne deriva, provocando in molti atteggiamenti di rifiuto e di evasione: tre parole antiche, eppure profondamente attuali, come umiltà, rispetto e solidarietà.

Che la parola umiltà sia inseparabile del messaggio della fede cristiana basta a ricordarcelo il pensiero di Colui che umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce (Fil 2): è lo svuotarsi, il farsi “niente” del Figlio eterno che ha portato al mondo il dono della pace, quel dono che solo chi accetta di umiliarsi nella fede e nell’amore po' accogliere e capire. Oggi questo bisogno di umiltà ci raggiunge con le sfide vertiginose dell’intelligenza artificiale, cui papa Francesco ha dedicato il messaggio per la giornata mondiale della pace 2024. Che le macchine “intelligenti” possano svolgere i compiti a loro assegnati con sempre maggiore efficienza non deve far dimenticare che «lo scopo e il significato delle loro operazioni continueranno a essere determinati o abilitati da esseri umani in possesso di un loro universo di valori» (Messaggio, n.4).

Ne consegue che non possiamo pensare a priori che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale «apporti un contributo benefico all’umanità e alla pace dei popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità» (n. 2).

Occorre allora conservare il senso del limite, mantenersi cioè umili, nel muoversi all’interno del paradigma tecnocratico: «Riconoscere e accettare il proprio limite di creature è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire in dono... La pienezza. Invece, nel contesto ideologico animato da una prometeica presunzione di autosufficienza le diseguaglianze potrebbero crescere a dismisura» (n. 4) e, con esse, le possibilità di conflitti e i rischi per la pace. L’umiltà lungi dall’essere passività e inerzia è condizione da promuovere in tutti, specialmente in chi ha maggiori responsabilità sociali e politiche, per ottenere la pace. Non a caso è stato detto che l’umiltà è «la virtù che abita nel più profondo della divinità» (Taulero).

Inseparabile da una scelta di umiltà al fine di conseguire la pace e operare per essa è il rispetto per l’altro: «La pace – afferma il Papa nel messaggio citato – è frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sia inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli». Dove si vuole l’annientamento dell’altro o la sua riduzione alla misura forzatamente impostagli, lì si produce lo spazio per la barbarie della guerra, com’è avvenuto nell’aggressione russa all’Ucraina, nell’efferato atto terroristico di Hamas contro Israele e come sta purtroppo avvenendo nella risposta terrificante messa in atto a Gaza dal governo dello Stato ebraico. I richiami di papa Francesco al rispetto di fondamentali regole etiche per rifiutare l’arma del terrore come risposta al terrore sono restati finora inascoltati: senza un deciso rispetto della dignità dell’altro, singolo o popolo che sia, non ci sarà pace.

Comprenderanno i potenti di turno questa lampante ed esigente legge di giustizia e di verità?
Infine, è la parola solidarietà che occorre richiamare per pensare a una pace possibile. Ne ha parlato in termini toccanti il Papa nella Fratelli tutti: «Nessuno può affrontare la vita in modo isolato... C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme... Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi solo quello che non c’è: i sogni si costruiscono insieme.

Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede e delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli» (n.8).

Di fronte alla drammatica realtà dei conflitti in atto, queste parole sembrano un sogno a occhi aperti. Diceva però Helder Camara, il vescovo dei poveri del Sud del mondo: « Beati quelli che sognano: porteranno speranza a tanti cuori e correranno il dolce rischio che il loro sogno diventi realtà». E aggiungeva il richiamo alla sola condizione necessaria: essere pronti a pagare ciascuno il proprio prezzo, come singoli o da parte di interi popoli, perché il sogno si avveri e la pace finalmente sia nella giustizia e nella verità.

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