«È tempo di fallire: si salvano così l'Italia e gli italiani». Incubo. E illusione
venerdì 22 novembre 2019

Gentile direttore,

l’Italia è molto malata, il Pil non cresce davvero da anni, la disoccupazione continua ad aumentare, i giovani laureati, e non solo loro, vanno via, mentre importiamo extracomunitari senza mestieri, che dobbiamo purtroppo anche mantenere. Aumentano i nostri poveri, mentre i consumi arretrano tutti i giorni sempre di più, il ceto medio è quasi completamente sparito. I negozi chiudono a decine di migliaia tutti gli anni. L’Italia sembra abbia la cancrena a un arto, e se non si amputa, muore. In questa situazione non si può continuare in eterno, più tempo passa peggio è per l’Italia e per gli italiani. Uscire da questa situazione con l’impossibilità di ridurre l’attuale debito e portarlo al 60% di quello attuale, è una operazione impossibile. A questo punto per non morire è necessario amputare l’arto il prima possibile, diversamente è la fine. L’amputazione per me è il fallimento, che prima o poi succederà, e se deve succedere, è meglio prima che poi. I po-litici, impotenti a risolvere il problema diversamente, devono prendere in considerazione l’idea del fallimento, anche se è una purga orribile, ma col tempo potrà essere un bene per tutti, e farci ripartire nuovamente alla grande. Dopo tale operazione i titoli di Stato che l’Italia emetterà in futuro, devono essere venduti solamente in Italia e agli italiani, affinché l’Europa smetta di ricattarci e non si ritorni nuovamente nella situazione attuale. Il Giappone insegna.

Antonio De Iorgi, La Spezia


Il suo, gentile signor De Iorgi, è un realismo da incubo. E al tempo stesso illusorio. Mi perdoni la nettezza, ma preferisco tutt’altro realismo: un realismo integrale, nel senso che porta a fare i conti con la realtà tutta intera dell’Italia di oggi quanto a debito pubblico, ricchezza nazionale, punti di debolezza e di forza del sistema, apporto reale degli immigrati (tutti i dati confermano che danno più di quanto ricevono)... Un realismo che non permette di dimenticare che quasi il 70% del nostro debito pubblico è già in mano a noi italiani... Detto questo, la penso come lei su di un punto chiave: un debito che naviga verso il 140% del Pil non è solo una montagna, è una malattia. Che affliggerà ancor più i nostri figli. Per questo va curata con saggezza, e senza drammatiche amputazioni.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI