Lo stesso discorso vale per gli esercizi commerciali: sempre di meno, sempre meno vicini alle comunità. Negli ultimi sei anni, secondo il rapporto Censis, i negozi di ferramenta sono diminuiti dell’11,2%, quelli di abbigliamento sono calati dell’11%. Il segno meno riguarda anche librerie (-10,8%) macellerie (-10,5%) e calzature (-9,9%). «Si pensi a quel che è successo con la chiusura delle edicole, degli empori e delle piccole botteghe nei centri storici – ragiona Finzi –. Erano modelli di distribuzione efficienti, dove si trovava tutto, anche il giornale». Nel Comune di Castel del Giudice, 350 abitanti in provincia di Isernia, c’era una vecchia scuola. Senza bambini, ormai, perché l’edificio era chiuso da 25 anni e i figli delle famiglie rimaste, grazie a un servizio di trasporto locale, avevano deciso di frequentare l’istituto scolastico più vicino, di là dal confine regionale con l’Abruzzo, in provincia dell’Aquila. Nel paesino erano rimasti però anziani da accudire e da non lasciare soli: oggi, dove c’erano le aule per le classi, è nata una struttura protetta per la terza età, divenuta in fretta punto di riferimento per le comunità vicine, tanto da essere l’unica accreditata in Molise, per quel tipo d’utenza, con il Servizio sanitario nazionale. Nel frattempo è tornato a casa un infermiere in precedenza migrato altrove e si sono stabilizzati alcuni medici. «Non avevamo soldi pubblici su cui poter contare – racconta il sindaco Lino Gentile – e così abbiamo lanciato un modello di azionariato popolare: 25-30 cittadini hanno messo 25-30mila euro a testa e il progetto è andato in porto. Abbiamo potuto erogare un servizio alla popolazione che ne aveva bisogno, creando anche occupazione. Questo ci ha dato l’autorevolezza per proporre altre idee: la riconversione in meleti biologici di terreni abbandonati e la trasformazione delle stalle in albergo diffuso. Abbiamo frenato il depauperamento della zona e siamo riusciti a far rientrare qualcuno da fuori o, più semplicemente, a trattenere chi voleva andarsene. La gente disponibile c’era e del resto io l’ho sempre detto: meglio occupati a Castel del Giudice che disoccupati a Roma». La storia di questo piccolo centro del Molise è indicativa di quanto, spesso nel nascondimento e quasi sempre per reazione, sta succedendo nelle aree dimenticate di questo Paese: è una piccola rivolta civile, quella in corso, che dà speranza perché responsabilizza chi è rimasto nei piccoli borghi e non si vuole rassegnare al declino. «Negli ultimi anni la retorica dell’efficienza e del risparmio ha travolto gli enti locali che meno sprecano e che meno fanno spendere al servizio pubblico in generale», riflette Marco Boschini, coordinatore dell’associazione dei Comuni virtuosi, che negli ultimi anni ha meritoriamente raccolto buone pratiche di sostenibilità, da Nord a Sud, da parte degli amministratori locali. «La nostra esperienza ci dice che non è tanto questione di accorpamenti e fusioni, a fare la differenza. Conta semmai la condivisione delle buone idee e l’unificazione delle funzioni e delle centrali d’acquisto. Ma se lo Stato volta le spalle alle popolazioni locali, come possiamo pretendere che il territorio rimanga vivo?».
Dieci milioni di abitanti sul 54% del territorio: i centri piccoli scontano il calo demografico, la riduzione dei servizi, la chiusura degli esercizi commerciali e il taglio dei fondi. I giovani emigrano in città e restano gli anziani. (Diego Motta)
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