martedì 28 gennaio 2014
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Tre personalità diverse: il presidente, il cardinale e il rabbino. Lo stesso monito: guai a noi se prevalgono l’intolleranza, il disprezzo, l’odio figlio della paura. Nel Giorno della Memoria, in una coincidenza di accenti e di motivazioni certo non voluta, ma proprio per questo ancor più significativa, è emerso accanto a tante altre un trittico di voci che si fa coro profeticamente unanime. Lo spunto è identico: il richiamo non certo rituale alla immensa tragedia dell’Olocausto, che ha marchiato la storia del Novecento e che qualcuno cerca ancora ostinatamente di ridimensionare o addirittura negare. Inevitabile e comune anche il riferimento alla cronaca di questi giorni; e purtroppo pure delle ultime ore, quelle coincidenti con i momenti delle commemorazioni. Nette e durissime le parole di Giorgio Napolitano contro l’ignobile spedizione organizzata di teste suine, in forte sintonia la riprovazione di Angelo Bagnasco e Riccardo Di Segni.Ma è quando l’orizzonte si allarga, quando dalle vicende contingenti la riflessione si concentra sulla lezione da trarre per il futuro, che la comune prospettiva si fa lezione di singolare spessore. Il rabbino capo della Capitale è stato il primo in senso cronologico, con uno scritto apparso su un quotidiano della sua città: «Non c’è bisogno di essere ebreo per essere oggetto di ostilità e di odio», ha ammonito riferendosi alla persecuzione di «chi è considerato diverso». Dal Quirinale gli ha fatto eco il Capo dello Stato, integrando la lista «degli indifesi e degli innocenti di sempre», da tutelare per impedire il ritorno di certi orrori: «Gli ebrei, i rom, i sinti, i disabili, i malati di mente, gli omosessuali». Così li ha elencati, per poi chiudere: «E vi aggiungo anche gli stranieri». L’ultima parola l’ha pronunciata il presidente dei vescovi italiani ieri pomeriggio: in nome della «cultura del noi», in cui ciascuno «c’entra con la vita degli altri», è l’ora di «superare ogni forma di intolleranza», imparando ad «accogliere fratelli e sorelle che per disperazione approdano sui nostri lidi». Le fedi e le culture di origine possono essere diverse e perfino distanti, ma il rispetto e la stima per l’uomo conducono alla stessa meta.
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