domenica 4 aprile 2010
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Non è come le altre, questa Pasqua. Se ci eravamo troppo assuefatti al simbolo, l’ora impone di riprendere contatto con la realtà. L’impensabile del tradimento, la coscienza dell’abbandono, il silenzio dell’innocente, sono veri. Il Risorto è vero. Se ce ne siamo dimenticati, egli mostra ai suoi, ben visibili, le ferite dell’Uomo. Il loro riscatto è vero, perché il Crocifisso le ha realmente portate. In tre giorni, tutto l’orrore e tutto l’amore possibile sono realmente accaduti. E quei tre giorni accadono anche ora: e fino all’ultimo giorno della storia. È la pura verità. A ogni tramonto del sole, proprio tra coloro che dividono lo stesso pane, Qualcuno è tradito. Ogni sera, tra il Figlio e il grembo che l’ha concepito, una lama apre il cuore. Eppure, ogni volta, il terzo giorno, accadono miracoli. Il pane della fraternità riscatta l’avvilimento dell’amore orribilmente violato nell’intimo; i figli dell’abbandono vengono strappati all’indifferenza della bestia mai sazia; nuovi legami oppongono l’ostinazione della loro fedeltà all’irrisione di coloro che si vendono anche l’anima.Sono migliaia e migliaia gli uomini e le donne che lasciano le loro cose e si mettono in cammino, il terzo giorno. Indirizzati dall’Angelo di Pasqua, percorrono sentieri per lo più ignoti alle potenze mondane, portando a destinazione tutta la cura e tutto il perdono che servono. Hanno parole chiare, gesti fermi. E lo sguardo limpido, che sostiene l’incertezza e scioglie la paura. Se tra loro ci sono samaritani, pubblicani, cananei, o qualcuno che in una vita precedente fu zoppo e lebbroso, non te ne accorgi. Non è gente che si sta a crogiolare nella tradizione dei padri, per lucrarne semplice rendita di posizione o privilegio di casta. Non è gente che si limita a celebrare la paludata nostalgia di un caro ricordo. È gente che sa di essere preceduta dal Risorto. Il luogo di ricongiungimento è la stessa città in cui il Signore è stato Crocifisso. E da quel momento, ogni città è quella buona: è di lì che si ricomincia. Queste cose sono vere. Queste cose sono accadute e accadono. Nei tre giorni immensi in cui accadono, l’intera storia del mondo – dentro la religione e fuori dalla religione – fronteggia il tema del suo giudizio e l’argomento del suo riscatto. L’umanesimo dell’Occidente e lo spirito del Cristianesimo non si dividano su questo. Contro il tradimento del Crocifisso si battano insieme. E non si avvilisca il popolo del terzo giorno, che ci tiene in vita. Questa Pasqua non è come le altre. È una chiamata alla realtà. La croce è vera. Il suo disincanto ci trafigge tutti, il suo riscatto è un crogiolo di passioni pure. Per tutti. La pietra del sepolcro non è un simbolo, e mai come oggi ci è sembrata pesante. Ma il gesto del Risorto, che svuota i sepolcri, non è mai stato più vero. Non dimentichiamo nulla dei tre giorni. E riapriamo il cuore alla purezza incandescente del terzo giorno. La radice greca di "puro" è il nome del fuoco. Se volete vedere in un sol colpo d’occhio l’intero racconto che va dal sangue versato di tutte le passioni del mondo fino alla purezza dell’amore che lo deve riscattare – com’è vero Dio – passando attraverso il fuoco, sostate davanti alla incredibile risurrezione di Matthias Grünewald. L’immagine del Risorto passa attraverso tutti i colori del sangue e del fuoco, e si fa incandescente verso l’alto. Dentro l’orifiamma dell’aureola che accende l’ottavo cielo, quello che ancora non c’era, il Cristo sorride agli uomini e alle donne del terzo giorno.
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