sabato 6 dicembre 2008
COMMENTA E CONDIVIDI
È stato il patriarca della rinascita della Chiesa russa, provata dalle persecuzioni del comunismo sovietico e minacciata dalla secolarizzazione e dall’edonismo del capitalismo selvaggio. Alessio II ha guidato la più vasta Chiesa del mondo ortodosso per diciotto lunghi e difficili anni, in un periodo segnato da grandi cambiamenti e da improvvise turbolenze. Primo patriarca dell’era post-totalitaria, eletto nel 1990, l’anno precedente il crollo dell’Urss, ha saputo mantenere l’unità e rafforzare il prestigio dell’istituzione che gode ancora oggi della più alta credibilità fra i cittadini della Russia. Figura ieratica, lunga barba bianca e voce stentorea, anche nell’aspetto rappresentava l’antica dignità del suo Paese.Alessio II è stato un leader spirituale che non ha disdegnato la politica, scendendo spesso in diretta polemica con Eltsin e stringendo poi un’alleanza con Putin. L’ultima messa, alla vigilia della sua morte, l’ha celebrata proprio dentro il Cremlino, quasi un sigillo della sua infaticabile attività per promuovere la collaborazione tra Chiesa e Stato nella salvaguardia dei valori etici e dell’eredità storica e culturale della Russia. Un legame fra religione e nazione che il Patriarca Alessio ha sempre difeso ed esaltato contro le minacce provenienti dall’esterno, da un Occidente sospettato di voler invadere culturalmente e spiritualmente il sacro suolo dell’ortodossia.Non solo l’Occidente laicista ma anche quello cattolico-romano. È qui che la figura di Alessio II risulta piuttosto controversa. Diciamo subito che l’immagine, diffusa dai mass-media, di fiero oppositore della Chiesa cattolica non corrisponde totalmente alla sua personalità. Uomo di grande cultura e di straordinaria sensibilità religiosa, il Patriarca di tutte le Russie non era certo chiuso al dialogo ecumenico con il «Papa Rimskj», il Pontefice di Roma. Ma dopo la caduta dell’Unione Sovietica si trovò a gestire una fase del tutto nuova e imprevedibile di grande libertà religiosa, con le inevitabili tensioni tra le diverse comunità di fedeli che a volte degenerarono in scontri aperti.L’accusa di proselitismo lanciata contro i missionari cattolici in Russia ha costituito un ritornello che il Patriarca Alessio non si stancava mai di ripetere. Era un modo per compattare di fronte al «nemico esterno» una Chiesa scossa da divisioni interne, tenuta perennemente in scacco dall’ala più conservatrice e messa a dura prova dalla fuga delle comunità ortodosse d’Ucraina e d’Estonia, proclamatesi autocefale, cioè autonome da Mosca. Un movimento tellurico che ha scatenato antiche e nuove rivalità con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, sempre più vicino alla Chiesa cattolica.È dentro questa travagliata dinamica che si colloca la stagione del grande freddo tra il Patriarca russo e il Papa polacco. Ma Alessio è stato anche il protagonista del recente disgelo con la Chiesa cattolica e della riaffermata sintonia teologica e pastorale con Benedetto XVI. È scomparso quando il sogno dello storico incontro tra il Patriarca di Mosca ed il Papa di Roma sembrava vicino a diventare realtà. Toccherà al suo successore trasformare l’iniziale disgelo in un dialogo caloroso. Questa almeno è la speranza per il futuro. Con Alessio II finisce un’epoca di grandi passioni e di animose battaglie. Una comunque l’ha vinta: la storia lo ricorderà come il grande artefice dell’unità della Chiesa ortodossa russa, riconciliatasi ufficialmente con la Chiesa dell’esilio dopo novant’anni di separazione.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: