Senza figli? La strada dell'affido ci dice che non c'è diritto preteso
venerdì 23 febbraio 2018

Caro Avvenire,
scrivo dopo la lettura del reportage a firma di Luciano Moia 'Mio figlio è apparso da un ago' ('Avvenire' del 4 febbraio). Anzitutto ringrazio, senza piaggeria, del vostro prezioso lavoro di informazione. Venendo al tema: leggendo il pezzo ho provato forti emozioni contrastanti che ancora non ho ben decifrato, ma su cui prevale la compassione per coloro che 'tentano' la difficile strada dell’inseminazione artificiale. Mia moglie e io non riuscivamo ad avere figli e, scartata l’ipotesi di ricorrere a cure pesanti, abbiamo scelto di aprirci all’affido familiare. Poi nostro Signore, con una sorpresa come solo Lui sa fare, ci ha donato un figlio naturale del tutto inaspettato. Abbiamo messo in stand-by il percorso dell’affido, attendendo di stabilizzarci con il piccolo, per poi tornare a bussare alla porta dei Servizi sociali per riprendere il cammino. Ora di figli ne abbiamo due, perché Gesù Bambino ci ha regalato proprio il giorno del Santo Natale 2016 la prima giornata insieme con il nostro figlio affidatario. E, seppure nella grande fatica quotidiana – quella di tutti i genitori (ma forse in questi casi ancora un poco di più) – siamo felicissimi e ogni giorno ringraziamo Dio di questa fatica e della nostra vita. Ecco, non censuro le cure e non giudico chi vi ricorre, ma mi permetto di indicare questa via – affido e/o adozione – per aprirsi alla vita, tenendo saldo a mente che non esiste alcun «diritto ad avere figli» e ben sapendo che mai siamo 'proprietari' dei piccoli che accompagniamo nel loro cammino, che il tratto assieme sia lungo o breve.

Lettera firmata

Anni di attesa, invano. Il bambino tanto desiderato non arriva. Che fare? Le promesse della fecondazione assistita sono persuasive. La strada sembra più facile e diretta, benché spesso costosa e faticosa. Personalmente posso capire chi sceglie questa alternativa, sapendo quanto forte e imperativo, e doloroso, soprattutto per una donna, può essere il desiderio di un figlio. Il padre che ci scrive però ha fatto con sua moglie un’altra scelta: ha cominciato l’iter per avere un bambino in affido. Una scelta direi quasi, nel nostro tempo, rivoluzionaria: dal "mi prendo un figlio" all’accogliere un 'figlio di altri'. Sapendo che, forse, poi tornerà dai suoi. Qualcosa di ancora più audace dell’adozione: la disponibilità a volere bene a uno che se ne andrà. E qui accade l’inaspettato: lei resta incinta, e un figlio arriva. Senza alcun intervento artificiale. Come un dono. O come una grazia. Chi si occupa di infertilità sa che a volte accade, quando dopo anni di tentativi si decide per adozione o affido: magari nel calare della tensione emotiva sul desiderio di concepire, qualcosa nella donna si libera. O forse si libera il cuore da quel desiderio assolutamente naturale, che però non può farsi ossessiva pretesa. La storia raccontata dal lettore pare una fiaba, con il figlio affidatario che arriva per Natale, accanto al fratellino neonato. Certo, sarà una gran fatica: una benedetta fatica però, di cui i genitori ringraziano Dio. E questa lettera è un suggerimento mite, un dire senza alcuna presunzione: guardate cosa è successo a noi. Con due punti saldi: non esiste alcun 'diritto' a un figlio, e non si è mai 'proprietari' dei figli, naturali o adottati che siano. Li si accompagna nella loro strada, finché non camminano da soli. Ciò di cui dovremmo ricordarci sempre, guardando i nostri ragazzi, ogni mattina: non siete nostri, ci siete solo stati affidati. E quanto più gratuito sarebbe allora il nostro amore, e quanto più sereno il loro crescere, liberato dalla possessività che magari scambiamo per affetto. Questa coppia che non riusciva a avere un bambino e poi ne ha avuti due, pure all’inizio del cammino, forse per una grazia ha già imparato l’essenziale.

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