Se la responsabilità da preside si recupera con le «120 ore»
giovedì 15 dicembre 2022

Tra gli innumerevoli emendamenti al cosiddetto Decreto Aiuti (quater) che verranno votati in questi giorni ce n’è uno poco appariscente ma molto significativo. È quello presentato dalla senatrice Carmela Bucalo, eletta nelle file di Fdi, e riguarda il concorso per dirigenti scolastici del 2017, da tempo arrivato alla conclusione. La proposta (l’emendamento è già stato approvato dalla maggioranza e potrebbe quindi diventare legge) in sintesi è di consentire a chi fosse stato bocciato, tanto allo scritto quanto all’orale, ma abbia un ricorso in merito aperto con lo Stato ad accedere a un corso riservato di 120 ore con prova finale, che potrà essere attivato dal ministro con un decreto entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge.

«I soggetti selezionati con la presente procedura – si legge nel testo in esame in Parlamento – sono successivamente immessi in ruolo a seguito dello scorrimento dell’attuale graduatoria di merito del concorso di cui al predetto decreto direttoriale». Non solo, avrà diritto ad accedere alla procedura riservata anche chi si era iscritto al concorso e superato le varie fasi anche se non aveva i requisiti minimi di ammissione al bando e quindi era stato poi escluso. Il corso, va specificato, è a carico del ricorrente.

È qualcosa che ricorda molto da vicino la compravendita delle indulgenze. La ratio dell’emendamento si richiama alla tutela «delle esigenze di economicità dell’azione amministrativa». Ma la graduatoria generata dal concorso vede ancora circa 200 persone in attesa di essere assegnate. E le previsioni per i prossimi anni, tra ridimensionamenti e calo demografico, prevedono nel 2030 1.500 “presidenze” in meno. La beffa delle beffe? Per chi ha vinto il concorso ma ha rinunciato alla nomina (per motivi famigliari, per la distanza della sede…) non è previsto nulla, né a essere riammesso in graduatoria né a frequentare il corso. Se servono davvero presidi, perché non piegare la legge per ripescare chi il concorso l’aveva vinto davvero?

Si è molto discusso della nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Ma quale idea di merito emerge da questa iniziativa? E quale idea di merito possono incarnare questi ipotetici nuovi dirigenti all’interno della scuola? In quale categoria di “educazione civica”, nuovo refrain dei curricula scolastici, possiamo sistemarla? Le nuove generazioni non hanno il diritto di vedere le istituzioni rappresentate da persone che ricoprono il loro ruolo meritamente e nel pieno rispetto delle regole? Non si capisce il senso di indire un impegnativo concorso per dirigenti scolastici quando per accedere alla più delicata delle “cattedre” basta frequentare un corso a pagamento di sole 120 ore. La lezione è chiara: iscrivetevi e non studiate, un ricorso vi promuoverà. Prima ancora di premiare il merito di questo studente o di quel docente sarebbe opportuno garantire alla scuola i dirigenti e i docenti che si merita. Duole dirlo, ma non di rado l’istituzione scolastica sembra il surrogato di un’idea sballata del welfare, purtroppo anche per responsabilità di una parte del mondo sindacale, ridottosi a un ricorsificio (svilendo così un reale strumento di tutela), escogitando scorciatoie burocratiche in faccia a chi ha pensato di prendere la strada che si dice diritta ma è tortuosa e accidentata. A ben vedere il caso scolastico non è diverso dall’abusivismo edilizio. Case costruite dove si vuole in barba alle regole e al buon senso, tanto prima o poi si sa arriverà una sanatoria. Le conseguenze si misurano a distanza di tempo, e sono sotto gli occhi di tutti.

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