mercoledì 24 febbraio 2010
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Il presidente americano Barak Obama aveva impostato la sua campagna elettorale, oltre che sulla critica alle scelte economiche dell’amministrazione repubblicana, sull’obiettivo di una riforma sanitaria di tipo universalistico. Pur nelle difficoltà della crisi economica e quelle politiche e di consenso, simbolicamente espresse dalla sconfitta democratica nel collegio tradizionale dei Kennedy, insiste a sostenere il suo obiettivo riformatore, pur riducendone la portata per cercare di evitare che si incagli nel confronto parlamentare. Non è ancora certo che riuscirà a realizzare almeno in una parte significativa il suo proposito, ma è evidente che non trascurerà nulla per cercare di riuscirci.Finisca come finisca, si tratta di un bell’esempio di coerenza politica nel perseguimento di un obiettivo di riforma sociale, che non viene offuscato dall’alternarsi di fasi di scontro con fasi di ricerca del compromesso.È un esempio che può servire da pietra di paragone per esaminare la capacità del governo italiano di perseguire i suoi obiettivi di riforma sociale, enunciati in campagna elettorale, soprattutto quelli più impegnativi, legati alla promozione della famiglia e al contrasto della denatalità, che rappresenta in prospettiva il più grave problema di un Paese che altrimenti rischia il declino per invecchiamento.Naturalmente vanno considerate le difficoltà in cui versa il bilancio e l’urgenza di dare risposte agli effetti immediati della crisi economica e di affrontare le situazioni di emergenza, da Napoli a L’Aquila. Tuttavia non si può evitare di constatare come si sia ancora indietro persino nella prospettazione di un percorso riformatore, in questo campo come in altri, per esempio quello del contrasto effettivo ai fenomeni di infedeltà, di evasione e di elusione fiscale.Riforme che affrontano nodi strutturali della società italiana non possono essere enunciate genericamente, debbono essere studiate e precisate, in modo da determinare chiarezza nella direzione di marcia, che può anche essere diluita in tempi che tengano conto del quadro finanziario generale, delle questioni poste dalla ricerca di convergenze politiche e di confronto con le rappresentanze sociali, purché il profilo riformatore venga espresso con nettezza e con tenacia.Se anche si pensa che non sia ancora il momento per dare attuazione concreta a provvedimenti di riforma fiscale volti al sostegno effettivo e lungimirante della famiglia, è certo che non è troppo presto per definire quali debbano essere queste iniziative, in modo da aprire un confronto su proposte di merito, nelle quali sia riconoscibile la direzione di marcia e la determinazione politica nel realizzarla. È questa la lezione che bisognerebbe trarre dall’esempio americano, pur nelle differenze note che intercorrono tra quel sistema politico presidenziale e il nostro. La curva demografica caratterizzata da crescita della prospettiva di vita e denatalità è davanti a tutti e dovrebbe far capire che l’esigenza di favorire la formazione di famiglie in età più giovane è un’esigenza economica primaria, persino indipendentemente dal suo peraltro evidente significato morale e sociale. Dare una risposta seria e impegnativa a questo problema nodale sarebbe anche un modo per porre al centro della politica i problemi reali del futuro del Paese. Insomma, un esercizio di buona politica.
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