Salvador del nostro tempo (disarmare prima i violenti)
martedì 31 maggio 2022

I tempi bui che viviamo devono essere stati ben chiari al diciottenne Salvador che ha aperto il fuoco contro bambini delle scuole elementari della sua cittadina texana di Ulvalde. La sua rabbia divoratrice senza gli strumenti della violenza che hanno armato le sue mani sarebbe stato solo quella di un ragazzino rancoroso contro la vita e la famiglia.

Con un paio di fucili automatici è invece divenuto l’ultimo stragista d’America. In Joe Biden che scuote il capo, si commuove e si arrabbia per non essere riuscito a fermare il mercato delle armi nel grande Paese che governa, sembra di rivedere Tommy Lee Jones in 'Non è un paese per vecchi' dei fratelli Cohen: un uomo di altri tempi, sopraffatto dalla violenza irrazionale che lo circonda e che sembra regolare il mondo più d’ogni regola di polizia. Eppure, Biden è lo stesso presidente Joe che due settimane fa parlava di politica estera dall’habitat di una fabbrica di armi e che crede fortemente nel potere che le armi hanno di regolare i conti tra ucraini e russi. Nel fucile automatico, e oggi in missili e droni, si nasconde gran parte della storia degli Usa: non solo l’America delle stragi, ma anche quella del 'potere' internazionale. Ad ascoltare la lobby Nra che, assieme a tanti politici conservatori e a buona parte di quelli meno liberal, chiede di armare prontamente insegnanti e adolescenti per salvarsi da soli dai prossimi Salvador, sembra di essere improvvisamente nella logica del Donbass.

Dal 2014 nessun autentico negoziato tra le parti, nessun intervento di frontiera, nessun vero dialogo sollecitato e accompagnato, ma una guerra strisciante con circa ventimila morti, regolata dal 'finto potere' del fucile. Hannah Arendt distingueva tra violenza e potere. «La violenza, non dobbiamo dimenticarlo, non dipende dai numeri o dalle opinioni, ma dagli strumenti e gli strumenti della violenza come tutti gli altri strumenti accrescono e moltiplicano la forza umana ».

E l’efficacia di questa violenza dipende molto dal suo grado di inumanità e dalla capacità di colpire a distanza i contendenti. Il potere invece non può uscire dalla canna del fucile, il potere «è inerente all’esistenza stessa della comunità politica», al potere non serve la giustificazione serve una legittimazione. Salvador era arrabbiato con il mondo intero e voleva colpirlo al cuore, i bambini, proprio perché non aveva alcun potere. Proprio come un invasore impotente, aveva annunciato le sue mosse prima di dare fuoco alle munizioni che aveva acquistato a profusione, nella certezza che chi si sarebbe frapposto da quel momento in poi tra lui e un fucile era solo un uomo morto.

Ora che la strage è compiuta, quella grande nazione piena di contraddizioni, è di nuovo divisa tra legittimare il fucile o legittimare il potere della sua stessa comunità politica perché sia capace di incidere sulle prossime stragi. E il dibattito sulla necessità di dare armi agli e alle insegnanti non riguarda il Texas, appartiene a tutti noi che nell’America facciamo affidamento come un fratello più grande e più giovane, a cui ci si rivolge spesso in caso di necessità e con il quale litighiamo apertamente insieme agli stessi americani che contestano liberamente alcune scelte del proprio Paese. L’Europa – alleata di pari altezza, come la si immagina e chiede sulle pagine di questo giornale – può aiutare l’America a riscoprire il proprio potere politico e la sua grande autorità morale nella pratica della democrazia. Può accompagnarla in un nuovo e decisivo passaggio interiore, superando per sempre l’ideologia dello Stato che arriva a disporre la morte dei suoi cittadini violenti. Superare il mito della frontiera delle pistole significherà aprire anche una nuova stagione della politica estera atlantica.

Se oltre a sostenere le resistenze armate contro invasori e dittatori, in Ucraina come in Siria, avviassimo una nuova stagione di dialogo competente nei conflitti caldi del mondo, basandolo sul «potere della comunità politica internazionale» più che sulla violenza, forse quel mito potrebbe essere superato. Salvador non è solo un ragazzo: può essere la disgrazia che ci ha dato la sveglia. Nel prossimo futuro saranno gli insegnanti ad armarsi contro gli alunni pericolosi o impareranno a disarmarli per tempo?

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