Sì, è la maternità che fonda il mondo (non solo con la gioia e i dolori del parto)
venerdì 4 febbraio 2022

Gentile direttore,
leggo, nell’articolo «La maternità fonda il mondo (Amore, non solo rispetto)» del filosofo e giurista Francesco D’Agostino ("Avvenire", 2 febbraio 2021 ) che «se e quando intenzionalmente e consapevolmente la donna rifiuta la maternità, è come se rifiutasse la dimensione più autentica della propria identità, cioè proprio quello - ci piaccia o no riconoscerlo - che sta a fondamento del mondo». Non sono ovviamente d’accordo con tale conclusione, ma mi chiedo: è da considerarsi valida anche per le donne consacrate e il loro voto di castità?

Roberto Collodel Conegliano (Tv)

La sua obiezione, gentile lettore, a mio parere ha forza solo se non si concepisce l’esistenza di una maternità spirituale e morale accanto (e non sempre insieme) alla maternità biologica. A generare non sono solo colei e colui che mettono al mondo «il frutto dei propri lombi» con il materno dolore e la gioia del parto, ma altrettanto coloro che mettono al mondo una persona formandone la mente, il cuore e l’anima, accompagnandola con la propria intelligenza, la propria dedizione, il proprio amore. Anche questo - nonostante l’enfasi totalizzante e quasi totalitaria sulla pur essenziale generazione biologica e "naturale" che caratterizza certo dibattito odierno sulla genitorialità - dovrebbe essere ormai chiaro a tanti se non proprio a tutti, e a noi cristiani di più. Da uomo e da padre, molto consapevole della bellezza e dell’importanza della mia umana condizione, la penso sostanzialmente come il professor D’Agostino anche sullo specialissimo valore della maternità. Sono solo alcuni rapidi pensieri, gentile amico, parte di una riflessione pubblica e di un dialogo coi lettori su questi temi che in questi anni è stato ininterrotto e intensissimo. La ringrazio per la sua acuta provocazione (per me, lo ricordo, è una bellissima parola: pro-vocazione, chiamare a un buon dibattito e farlo per capire il vero bene) e la saluto rispondendo alla sua domanda finale: non è per modo di dire che chiamiamo non solo "sorelle" ma anche "madri" le donne consacrate (e padri gli uomini consacrati: su su, fino al Papa ). Lo facciamo perché lo sono.

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