venerdì 22 aprile 2016
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Caro direttore, sono un siciliano “espatriato” e ho seguito la trasmissione “Porta a Porta” con l’intervista a Riina figlio. Trovo ingenuo (un pietoso eufemismo) il dichiarato «scopo di far conoscere, svelare, scoprire il vero volto della mafia» (che è amaro e terribile, dico io). Vedo invece che un prestigioso pulpito è stato offerto a un attore che, come i serpenti con le prede, con lo sguardo fisso e il tono artificiosamente pacato delle sue risposte, ha lanciato i suoi “messaggi” e ottenuto eco mediatica e popolarità. Ha lanciato messaggi agli affiliati e ai giovani aspiranti mafiosi e alle vittime designate o da soffocare col riverente, dovuto, “pizzo”. «La mafia non esiste», era e ancora è il grido dei tanti mafiosi catturati col Vangelo tra le mani assassine, eco della diabolica, mimetica affermazione del Maligno, che stavolta si è servito della responsabile libertà di informazione per affermare il perverso potere e la sete di ricchezza che tanto dolore provoca e tanti lutti. Che dirle ancora? Alla prossima, negativa trasmissione, sarò costretto a considerare la rinunzia all’abbonamento Tv. La misura è quasi colma. Grazie e tanti cari auguri a lei e a tutti coloro che fanno ogni giorno il nostro “Avvenire”.
 
Filippo Giarratana - Frascati
 
 
Gentile direttore, Vespa intervista il figlio di Riina e sino a qui nulla di male. La Rai manda in onda l’intervista e scoppia un pandemonio. Tutti indignati, ma il giorno dopo! E quello prima dov’erano? L’intervista è andata in onda da sola o ha ricevuto l’autorizzazione di qualche direttore Rai? Vespa ha fatto il suo mestiere, certi altri no.
 
 
Gianfranco Torregiani - Carmagnola
 
Anche a distanza di giorni continuano ad arrivare lettere che tornano su uno dei casi televisivi più scottanti degli ultimi tempi. È comprensibile. Ma vorrei soprattutto sperare che sia indicativo di una sensibilità antimafia sempre più acuta ed esigente nei confronti di ogni potere responsabile della resistenza alle logiche e alle pratiche della cosiddetta piovra, compreso ovviamente il potere mediatico. Queste lettere mi permettono poi di tornare su quell’intervista televisiva per sottolinearne un passaggio che mi ha colpito moltissimo e che giudico centrale nella strategia di comunicazione di Salvatore Riina junior. È il momento – cito a memoria – in cui il figlio di Totò Riina proclama di avere sommamente caro il quarto comandamento. Dice: per me è il più importante perché è quello che dice di onorare il padre e la madre. Insiste più volte: il padre e la madre. Tutta l’intervista, chi l’ha vista lo sa, è costruita per mettersi accanto al “padre”, già capo dei capi della mafia siciliana. Solo in questo passaggio, con l’uso forte del verbo “onorare” compare anche la “madre”. La sua insistenza mi ha fatto pensare che il padre da onorare sia il «capo» e che la madre sia l’«onorata società», antico e irrealistico nome della mafia, non certo la donna che l’ha messo al mondo. E questo ancor più – cito di nuovo a memoria – perché Riina jr per sottolineare l’importanza che definisce fondamentale del quarto comandamento dice, in sostanza, di vivere con l’idea che “gli altri comandamenti” riguardano Dio e ciò significa che ognuno, a tempo debito, se la vedrà con Dio, mentre il quarto – il dovere, appunto, di onorare padre e madre – riguarda lui, figlio. Dice, in sostanza, il rampollo dell’ex boss che uccidere, rubare, mentire, tramare contro Dio e contro gli altri esseri umani, considerare poco e nulla Dio e le altre persone, conta meno di niente qui e ora, perché qui e ora conta un’altra fedeltà. E io non credo proprio che si sia trattato di una dichiarazione d’amore. Io penso che quello di Riina jr sia stato un pubblico schierarsi, una professione di fede mafiosa, un messaggio-annuncio recapitato agli altri “figli”. Ecco perché anche per me è stato così pesante doverlo ascoltare, nonostante il “contorno” che Bruno Vespa, gran professionista, e la Rai hanno allestito attorno al fatto. Per questo non riesco a considerare quell’intervista con al centro un «onore» falsificato un fatto giornalistico come tanti altri. Purtroppo è stato di più e altro.
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