sabato 22 marzo 2014
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Uno dei tratti più importanti della fase politica e sociale odierna è quello del venire meno dei tradizionali riferimenti ideologici, che hanno dato sostanza alla contrapposizione tra destra e sinistra nel secolo scorso fino alla fine della guerra fredda e all’instaurarsi di nuovi e instabili equilibri. I blocchi sociali tradizionali – le tradizionali classi – non esistono più, e anche i confini geografici e geopolitici vanno scomparendo. E non si tratta di una cambiamento di superficie, ma di una trasformazione importante, che attiene a un livello sostanziale, quello degli obiettivi strategici della convivenza collettiva, e consiglia di orientare le strategie di politica sociale in una direzione nuova. Certamente i livelli di protezione sociale raggiunti in Europa sono una grande conquista da difendere. Certamente con virtuose applicazioni del principio di sussidiarietà. Ma non senza un nuovo modo di governare il sistema di Welfare. Lo scenario è infatti mutato, imperano «dinamiche sociali irrequiete» e le nuove frontiere di avanzamento non passano più per i vecchi metodi. Occorre di conseguenza una logica nuova, centrata su di un approccio di innovazione progressiva e di cambiamento, innanzitutto di se stessi. E sono in tanti a rendersi conto che, proprio in questo senso, occorre recuperare un civile riferimento al dettato evangelico, la cui coinvolgente forza propulsiva è rilanciata dal modo di porsi di Papa Francesco.Si tratta di mettere in campo un pensiero alternativo e coraggioso, che guardi con attenzione alle modificazioni che la ricerca sociale da tempo addita – dal crollo delle appartenenze collettive alla crisi dei valori –, e che punti decisamente a un "miglioramento" a partire dalla persona umana. Il che significa che, più che invocare riforme o varare nuove leggi-quadro, che specie in Italia portano di solito pochi frutti – vuoi per la mancata applicazione, vuoi per le applicazioni distorte – occorre concretamente ribadire il valore della persona come riferimento principale del bisogno.E farlo attraverso il sostegno ai comportamenti di autotutela, il superamento dei confini tradizionali tra settori, comparti e discipline, la presa di coscienza di un benessere da costruire a tutto campo (economico, ma anche sociale e psicologico) e, infine, la valorizzazione della reciprocità e del volontariato. Solo così, si può sperare di avviare una fase di vero superamento dei mali e degli squilibri che ci vengono dal passato: da quelli legati alla contrapposizione tra generazioni allo stallo della redistribuzione di ricchezza, dall’inceppamento dei meccanismi di rappresentanza agli atteggiamenti di attendismo, a causa dei quali ci siamo ritrovati dentro questa lunga crisi economico-finanziaria senza la preparazione necessaria.L’evoluzione del sistema – entrato in una fase diversa, caratterizzata da una complessità politica, economica e sociale del tutto nuova – richiede che si proceda attraverso interventi di aggiustamento progressivo e graduale, da incardinare su processi di responsabilizzazione diffusa a tutti i livelli. Volendo ridurre ad alcuni punti basilari le difficoltà che si presentano nel mancato incontro tra domanda e offerta di servizi e di previdenza, nelle disuguaglianze e nelle inefficienze, e di conseguenza le azioni da intraprendere, tre sono gli aspetti principali da considerare. Prima di tutto, il peso degli apparati pubblici improduttivi, che si è accentuato ulteriormente nel corso dei processi di devoluzione delle responsabilità dallo Stato centrale alla periferia regionale. In secondo luogo, la opacità informativa (pur in presenza dei tanti dati Inps o di tanti dati sulla sanità), nel senso che mancano proprio le informazioni che sono indispensabili per una buona gestione, in particolare: i costi reali delle prestazioni, la contabilità per centri di costo, la valutazione dei risultati degli interventi e dell’impatto delle prestazioni e le verifiche sulla qualità dell’offerta. Infine, una mobilitazione cognitiva di tutti – c’è, insomma, da aprire bene gli occhi – rispetto ai fattori veri del benessere: lo sviluppo di attività centrate sulla sua promozione e il coinvolgimento in esse delle realtà più dinamiche dal punto di vista economico e sociale (come le grandi imprese o le città).In altre parole, è plausibile affermare che per ridare equilibrio e sostenibilità al sistema di Welfare bisogna decidersi ad agire anche e soprattutto sul modo e sui tempi con cui si gestiscono le cose.
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