venerdì 28 febbraio 2014
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Più ancora dei drammatici dati generali della disoccupazione salita al 12,9% ed esplosa al 42% per i giovani, ci sono alcuni numeri che danno la misura dell’inceppamento del "mercato del lavoro".Si tratta del forte calo, in un anno, sia degli occupati sotto i 35 anni (-446mila), sia di quelli tra 35 e 49 anni (-205mila) a fronte invece di un’ulteriore crescita dei lavoratori ultracinquantenni (+254mila). Nello stesso periodo, i dipendenti a termine sono diminuiti di altre 156mila unità, calando, sul complesso degli occupati dal 10,4 al 9,9%, e contemporaneamente risultano meno pure le persone con contratti di collaborazione (-54mila). Sono invece fortemente in aumento gli inattivi, coloro cioè che neppure cercano più un’occupazione e, in questo ambito, colpisce la diminuzione delle donne inattive ultra 54enni e per contrasto l’aumento di quelle giovani che restano a casa.Il 2013 è risultato così l’anno peggiore di questa lunga crisi, durante il quale la recessione ha dispiegato interamente i suoi effetti deleteri. Ma come non vedere in queste cifre anche la lunga ombra negativa delle riforme Fornero, approvate per disperazione all’epoca del governo Monti. La stretta sulle pensioni – tanto obbligata per lo stato dei conti pubblici quanto drastica nella sua applicazione – continua a trattenere al lavoro centinaia di migliaia di dipendenti, bloccando il turn over a beneficio dei conti dell’Inps e a danno dei giovani. Allo stesso tempo, la stretta sui contratti a termine e su altre forme atipiche ha finito per cancellare non il precariato, come ci si prefiggeva, ma centinaia di migliaia di occasioni di lavoro, pur a termine. Ora serve a poco piangere sui posti persi. Più importante trarre lezione dagli errori per evitare nuovi passi falsi. Uno anzitutto: quello di ritenere che agire sulla struttura dei contratti sia sufficiente di per sé a far crescere l’occupazione. Non basta un contratto unico, da soli non bastano neppure gli incentivi (come dimostra la scarsa risposta delle imprese a quelli varati dal governo Letta). Servono investimenti, riduzione dei costi e riattivazione della domanda. Soprattutto occorre puntare ad accrescere le competenze dei giovani, favorire l’incontro domanda-offerta ed evitare che le persone restino inattive. Con qualunque mezzo, con qualunque contratto purché regolare.
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