Sul razzismo non spegniamo né coscienze né riflettori
mercoledì 11 dicembre 2019

Caro direttore,
purtroppo l’Italia è diventata il Paese dei condoni. Un Paese in cui a problemi complessi non seguono soluzioni strutturali, ma nel quale le fragilità sociali vengono costantemente aggirate o nascoste sotto il tappeto. Vale pure per il razzismo nel calcio: un tema delicato, che meriterebbe di essere affrontato 'di petto', senza scorciatoie. Innanzitutto, chiamandolo per nome là dove si verifica. Quindi, ricordando nei contesti 'sensibili' che facciamo tutti parte di un’unica razza: quella umana. Educando le giovani generazioni di giocatori, dirigenti, tifosi, studenti, genitori a non aver paura dell’altro-da-me. Sugli spalti come in campo, in panchina come in cucina o sui banchi.

Senza sconti, come fece l’Inghilterra per il fenomeno degli hooligans. Di certo, non mettendo la testa sotto la sabbia. Perché come l’Hiv non si risolve regalando profilattici, ma educando i ragazzi a comprendere che cos’è amare l’altro, così il razzismo negli stadi non si sconfigge abbassando i microfoni.

Tutt’altro. Ed è grave che l’amministratore delegato di una realtà importante ed educativa per il calcio nostrano come la Lega Calcio abbia detto una cosa del genere, anziché andare nelle scuole e nelle sedi delle società sportive a parlare di quanto sia becero questo fenomeno. Il razzismo sportivo si affronta alzando il sipario sul problema, sulle miserie incrostate e ammuffite che circondano e hanno ormai in qualche modo invaso anche il mondo del pallone, per farne piazza pulita.

Il razzismo nel calcio si batte riportando famiglie e bambini sugli spalti, rimettendo al centro le qualità tattiche di un allenatore, l’applauso per un gesto tecnico, la bellezza di un gol. Perché quello che conta, sul fazzoletto verde, è quanto sei bravo col pallone tra i piedi. Punto. Vale anche per altre leggi italiane. Lo ripeto: siamo diventati il Paese del condono. I soldi all’estero per non pagare le tasse? Erogata una mancetta, si possono tranquillamente far rientrare i capitali, in barba a chi le tasse le ha sempre pagate e un conto estero non ha mai pensato di aprirlo.

Le scommesse? Anziché lottare contro un fenomeno che ha già distrutto e messo sul lastrico tante famiglie, meglio legalizzarle (senza far pagare le giuste tasse alle multinazionali del gioco). Così ci s’indebita per un gioco 'approvato' dallo Stato. La droga? Niente prevenzione nelle scuole per spiegare che fa male… No, è più facile legalizzare le cosiddette droghe leggere! La dura constatazione che sento di condividere è che stiamo trasformando la nostra pigrizia e l’incapacità di trovare soluzioni politiche efficaci e strutturali in compromessi dal respiro corto.

E, dobbiamo dircelo, dai danni futuri incalcolabili. Siamo indignati? Ci fermiamo a quello, rassegnati per il fatto che ci sembra meglio una mezza azione oggi che il nulla domani. E se invece provassimo a trovare, tutti insieme, una soluzione efficace e definitiva oggi? Il razzismo negli stadi fa sempre rumore: chi pensa di abbassare i riflettori sul problema tagliando i fili degli altoparlanti non ha capito che i microfoni delle coscienze, quelli, non potranno certo mai abbassarsi.

Presidente nazionale Forum delle associazioni familiari

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