Quelle campane ritrovate voce di un popolo ferito
giovedì 9 luglio 2020

Quattro anni dopo il sisma, nella chiesa simbolo di Norcia Le campane di san Benedetto sono tornate. A quattro anni dal terremoto che all’alba del 30 ottobre 2016 distrusse la Basilica di Norcia, anticamente fondata sulla casa natale del patrono d’Europa, cinque campane, ha annunciato la Sovrintendenza ai beni culturali dell’Umbria, sono venute alla luce: dissepolte da oltre quattro metri di macerie. Una sesta è ancora nel sottosuolo. Ma quattro sono in buono stato, e il 'campanone', di 18 quintali di peso, è integro. Le si vede nelle foto, le sorelle, polverose di calcinacci, la maggiore con un grande Crocefisso scolpito sul bronzo.

Chi vive lontano da Norcia e pensa alla Basilica perduta si commuove: la voce della chiesa-cuore della cittadina sfregiata dal più violento sisma in Italia dopo quello del Belice, è stata tratta fuori dal buio. Come un segno. La gente, gli sfollati nelle case provvisorie, ne sono stati contenti, come l’arcivescovo Renato Boccardo. Poi, poche ore dopo, da Roma è venuta la notizia che il 'pacchetto sisma', l’insieme delle opere di ricostruzione, era stato escluso dal Decreto Rilancio appena approvato. Allora il vescovo si è arrabbiato. «È una vergogna – ha detto –. Che quei signori di Roma provino a vivere una settimana nelle case degli sfollati ». Dove abitano in 1.500, in stanze umide, fredde d’inverno e bollenti d’estate. Mentre almeno un migliaio di nursini se ne sono andati per sempre; e della grande rete di alberghi e bed and breakfast di una volta sono rimasti solo 300 posti letto. Quindi quale turismo, e quale economia può ripartire?

Dal governo hanno assicurato che il 'pacchetto sisma' è nel Decreto semplificazione, appena varato. Lunedì sera, al telefono, il vescovo Renato non aveva alcuna notizia: «Solo speranze, ed è un po’ poco, dopo quattro anni». A pensarci, quattro anni sono tanti anche per rimuovere i quattro metri di detriti sopra le campane. Lavori lenti, appalti per la rimozione delle macerie da rinnovare ogni tre mesi, legacci burocratici per cui Boccardo dice che per lui «la burocrazia fa più danni del terremoto». E quindi chi da Milano, viste le sorelle di bronzo ancora sporche di polvere, come appena partorite dalla terra, si era commosso, si fa almeno un’idea di quanto duro sia risorgere da un terremoto, in Italia. Però le campane sono la voce di una comunità, sono i rintocchi che annunciano la Pasqua e il Natale, note che attraverso le generazioni rimangono uguali: e chi le sentiva da bambino le ritrova, inalterate e fedeli, da vecchio. Dunque, dovranno pure dire qualcosa queste campane di san Benedetto ritrovate. Intanto, a livello di ricostruzione, almeno la gara per la progettazione è terminata, e i fondi, 347mila euro, ci sono.

Dicono poi le campane, e questo monsignor Boccardo lo racconta con emozione, che qualcosa rinasce anche nella Chiesa di Norcia: il 4 ottobre verrà inaugurata una Casa che ospiterà quattro suore di diversi istituti francescani, venute da tutta Italia per stare accanto agli sfollati. (Mentre da due anni le monache di san Benedetto hanno, come monastero, dei container). Allora, al di là della sacrosanta indignazione di un vescovo che soffre per la sua gente, forse è lecito dire che il 'rinascere' delle campane, e di quella più grande intatta, è tuttavia un segno. Viene da pensare, in quella terribile mattina di quattro anni fa, al tonfo sordo che dovette fare, precipitando fra le rovine del campanile, la campana maggiore: tonfo che forse pochi sentirono, coperto dal mugghio atroce della terra scossa e spaccata dal terremoto.

Sepolta come in una tomba era la voce di san Benedetto, compagna di cento notti di Natale, muta in cento Sabati santi, gioiosa in cento Resurrezioni. Quanti, dalla nascita al cimitero, quella voce ha accompagnato. Che siano vive ancora e integre, le campane della Basilica, certo non dà casa o lavoro alla gente. Eppure è un segno. Un segno è qualcosa che in sé sembra poco, e però rimanda ad altro. A una vita che nonostante tutto vuole continuare, come sempre è ripresa, a Norcia, dopo le scosse che nei secoli l’hanno tormentata. A una storia che viene da lontano e non finisce con noi. Le campane ritrovate e partorite dalle rovine, come un arco teso fra l’evo di Benedetto e un futuro che noi non sappiamo. E che appartiene ai figli dei figli, già vivi nei pensieri di Dio.

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