venerdì 5 giugno 2009
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Sopraffatti da una caterva di brutte notizie forniteci dai telegiornali e dai quotidiani, è indispensabile fermarsi a riflettere anche su quei versanti della vita che – pur di cronaca nera – mostrano come il bene non muore. È noto a tutti il contemporaneo decesso di tre operai di una raffineria sarda. Perché sono morti in tre? Perché il secondo – non sentendo segnali di vita dal primo che si era calato nella cisterna per iniziare l’opera di pulizia – è sceso per soccorrerlo. Ma anche lui viene ucciso dai potentissimi veleni respirati. Il terzo a sua volta – mosso dal desiderio di salvare i suoi compagni di lavoro – scende e subisce la stessa sorte.Un quarto operaio si è salvato, pur intossicato, perché sconsigliato da altri a calarsi nella cisterna. Episodi simili, operai che muoiono per pulire cisterne di camion o di raffinerie, hanno sempre avuto questo percorso: uno scende e non si fa più sentire, gli altri scendono per soccorrerlo e muoiono. È possibile pensare che gli operai – dopo il primo – non abbiano pensato che forse sarebbe toccato anche a loro la stessa sorte? Un po’ le cronache delle precedenti disgrazie e un po’ di competenza nel proprio lavoro li avrebbero dovuto spingere a non rischiare. Invece, uno dopo l’altro, muoiono: «Non c’è amore più grande di chi dà la vita per un amico» ( Vangelo). Facciamo troppe poche riflessioni su questa solidarietà che c’è tra i poveri che talvolta è grande a rischio della vita. È recentissima la notizia dei due nonni falciati sulle strisce pedonali – dalla solita auto impazzita – che però riescono a salvare il nipotino di tre anni. Un telegiornale dandone notizia così si esprime: «Eroi per caso». Credo invece che non si diventa eroi in un istante se non c’è già nel cuore tanto coraggio e un grande amore per gli altri. Il bimbo di tre anni è sopravvissuto – e pare stia guarendo – per la forza d’animo e l’amore dei due nonni. E come non ricordare i salvataggi in mare? C’è una persona che sta annegando e grida aiuto; uno qualunque, pur non sapendo nuotare, si tuffa e lo salva, ma poi muore d’infarto. Piccoli eroi che non saranno ricordati se non dai familiari in pianto.Fra i tanti casi degli ultimi giorni non si può dimenticarne un altro: la storia di due immigrati nigeriani a Palermo. Vedono un giovane pazzo, armato di martello, irrompere sulla folla e colpire e uccidere un anziano e ferirne gravemente la moglie. Si mettono all’inseguimento del pazzo e – a rischio della propria incolumità – lo immobilizzano e lo consegnano alla polizia. I due sono irregolari, vivono lavorando come parcheggiatori abusivi e dormono nella 'Missione Speranza e Carità', punto di riferimento per tanti miserabili. La loro storia ricorda quella di molti altri: l’attraversata del Mediterraneo su un barcone, l’approdo a Lampedusa nel novembre scorso, l’identificazione e… adesso attendono il permesso di soggiorno come giusto premio al loro coraggio. Tutta cronaca nera che si trasforma in cronaca bianca, grazie alla generosità di qualcuno che sa rischiare la propria vita. Anche il Vangelo è ricco di episodi di cronaca nera: il giovane che lascia la casa e sciupa tutti i soldi della sua eredità; ma il padre ne aspetta il ritorno, lo perdona e fa festa per lui. Un uomo scende da Gerusalemme a Gerico e viene derubato e ferito dai banditi. Ma un samaritano passa, lo vede e lo soccorre. Dovremmo fare come Gesù che, dai fatti tristi della vita, sa mettere in luce anche e soprattutto il bene. Perché anche i giornalisti non fanno così? Dei fatti tristi della vita dovremmo sapere mettere in luce anche e soprattutto gli aspetti positivi
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