venerdì 28 giugno 2013
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Gentile direttore,
la mancata partecipazione di Papa Francesco al Concerto di sabato scorso per l’Anno della Fede è un fatto per nulla trascurabile, tanto più se si pensa all’imminente enciclica a quattro mani sulla fede che conferma la rilevanza del tema nel cuore del Papa. Le immagini di quella sedia vuota ('sede vacante'!) erano decisamente 'rumorose'. I giornali 'laici' hanno dedicato all’episodio una prima pagina con commenti imperniati sulle possibili motivazioni del gesto dirompente del Papa; due erano le osservazioni principali: un gesto riconducibile allo 'stile Francesco' di rifiuto di tutto ciò che è mondanità, le preoccupazioni per le prossime difficili mosse in ambito curiale che destano preoccupazione in chi non è in sintonia con lo spirito di servizio che il Papa chiede a tutti gli uomini di Dio (compresi cardinali e vescovi). Ho trovato queste annotazioni interessanti e ragionevoli e ho cercato il punto di vista di Avvenire in argomento. Cosa ho trovato? A pagina 22 del giornale del 23 giugno un minuscolo trafiletto «la rinuncia» con toni informativi freddi e la citazione della frase di rito sugli «impegni improrogabili» del Pontefice, poi più nulla. Francamente non mi ritrovo in questa scelta di basso profilo.
Davide Bonetti
 
Io invece, gentile signor Bonetti, non mi ritrovo né da cronista né da lettore nello stile informativo 'rovente' di altre testate su questa vicenda. Rispetto la libertà e le scelte degli altri, ma assieme ai miei colleghi cerco di fare sempre un giornale che somigli a quello che ho imparato da buoni maestri di professione (laici e cattolici) e che sia degno dell’ispirazione cattolica che dichiariamo nella nostra testata. Ad Avvenire, insomma, ci occupiamo di fatti e persone, non di ricami e neanche di fuochi d’artificio. E questo vale per tutto: cronache ecclesiali e inchieste scottanti, vicende culturali e fasi politiche, grandi processi e piccole storie di quotidiana umanità. Siamo sempre gli stessi: ci misuriamo con le cose e le situazioni, le verifichiamo, ne scriviamo cercando di mantenere tutto il possibile rispetto per la realtà, per le persone coinvolte e per i nostri lettori (e la loro intelligenza). Detto questo, però, mi permetta qualche interrogativo – che so essere assolutamente retorico – per rispondere alla sua domanda. Lei dubita, forse, che Papa Francesco se avesse voluto dire qualcosa di più di quel che ha fatto dire a monsignor Fisichella e a padre Lombardi per spiegare la sua rinuncia al concerto nell’aula Paolo VI, avrebbe mancato di dirlo? Lei, forse, ha la sensazione che Papa Francesco si stia affidando a messaggi obliqui e al buon cuore di qualche titolista di giornale per predicare il Vangelo, dispiegare il suo magistero di Vescovo di Roma, procedere sulla strada della riforma che ha impostato sin dal primo inizio del suo ministero petrino? Io no, per niente. Macché sede vacante! Il Papa c’è, eccome. E se ha deciso che alcuni sopraggiunti importanti impegni venivano prima di un concerto, per quanto solenne, mi sta più che bene. Per qualcuno sarà insolito, a me – sarà il frutto degli esempi che nella mia vita ho avuto – sembra invece normale. In sostanza: io mi fido del Papa e credo che senta il bisogno – come ci dimostra lui stesso ogni giorno – di parlare a ognuno di noi, ma non abbia affatto bisogno di 'rumorosi' interpreti. I suoi 'segni' sono già diretti e forti.
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