venerdì 1 settembre 2017
Lo Yemen registra due tristi primati: la maggiore crisi alimentare al mondo e la peggiore epidemia di colera, oltre 500mila persone colpite. Accrescere la risposta umanitaria è un imperativo morale
Quattro azioni urgenti per lo Yemen e la sua gente
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Caro direttore, Saleh, un bimbo di quattro mesi, lotta contro la morte a causa del suo stato di profonda malnutrizione in un ospedale di Al Hudaydah. Il conflitto che affligge il Paese impedisce a sua mamma Nora, 22 anni, di procurarsi abbastanza cibo o acqua per tenere in vita i suoi sei figli. In Yemen oggi, la triplice minaccia di conflitto, colera e carestia sta distruggendo la vita di 21 milioni di persone.

Lo Yemen registra ora due tristi primati: la maggiore crisi alimentare al mondo e la peggiore epidemia di colera, che tocca più di mezzo milione di abitanti. La crisi in Yemen è causata dall’uomo, generata da un conflitto le cui modalità implicano sofferenza inflitta ai civili e distruzione di istituzioni essenziali. Il colera si è ormai propagato in quasi tutte le regioni del Paese, e ha già ucciso duemila persone, il 40% delle quali bambini. Il sistema sanitario è al collasso, alle prese con l’epidemia e con cliniche e ospedali a corto di personale, medicine e apparecchiature.

Come in molti altri conflitti, anche in questo sono i civili a pagare il prezzo della violenza. Dal marzo 2015, l’Ufficio Onu dei diritti umani ha documentato 13.829 vittime tra i civili, di cui 5.110 mortii e 8.719 feriti. Il numero totale è tuttavia probabilmente molto maggiore. Milioni di persone hanno visto le loro case, scuole, mercati, villaggi distrutti dai bombardamenti, che hanno costretto intere famiglie a mettersi in salvo fuggendo verso un futuro incerto. Metà degli ospedali e cliniche in Yemen sono stati distrutti o chiusi. L’economia locale è stata decimata da restrizioni sui flussi di beni commerciali e umanitari nel Paese. Infrastrutture vitali per il trasporto di merci sono state danneggiate. Il 70% degli esercizi commerciali ha cessato le attività. Da più di dieci mesi, un milione di impiegati pubblici non riscuote lo stipendio, anche se la Banca centrale ha reso disponibile il denaro. Due milioni di bimbi non possono andare a scuola, mettendo così a repentaglio un’intera generazione. Il livello di violenza sessuale è cresciuto in maniera drammatica. A fronte di tali immani sfide, 122 organizzazioni umanitarie – due terzi delle quali Ong nazionali – hanno ampliato la portata delle proprie attività e stanno operando in tutti i governatorati dello Yemen, raggiungendo ogni mese 4,3 milioni di persone con aiuti umanitari.

Tuttavia, ciò non è abbastanza. Chiediamo dunque quattro azioni prioritarie per aumentare il sostegno allo Yemen, garantire accesso a quanti ne abbiano bisogno e pore fine alla sofferenze del popolo. Innanzitutto, per proteggere e salvare vite e restituire dignità, le organizzazioni umanitarie necessitano di libero accesso per raggiungere chiunque sia in una situazione vulnerabile. Il Consiglio di Sicurezza ha ripetutamente chiesto alle parti in conflitto in Yemen – con la propria dichiarazione presidenziale del 15 giugno scorso – di garantire le condizioni per un accesso umanitario sicuro e di rispettare il diritto internazionale umanitario. Come i membri del Consiglio hanno sottolineato il 12 luglio, è imperativo che tutte le parti convertano ora in azione queste parole.

In secondo luogo, i donatori internazionali devono tradurre in atto i propri impegni finanziari. Nell’aprile di quest’anno, i governi di Svizzera e Svezia, insieme all’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, hanno organizzato una conferenza di donatori sulla crisi in Yemen, aperta dal segretario generale Antonio Guterres, nella quale i partecipanti si sono generosamente impegnati a contribuire con 1,1 miliardi di dollari. Tre quarti della somma sono stati già versati. Tuttavia, le esigenze sono aumentate a causa della crescente epidemia di colera, portando la somma necessaria a 2,3 miliardi, con un ammanco di quasi il 60% rispetto ai bisogni. Questa differenza è quella che c’è tra la vita e la morte. Il Programma alimentare mondiale, che ha l’obiettivo di consegnare cibo a sette milioni di persone affamate, non potrà proseguire la propria attività se entro un mese non vengono versate nuove risorse.

Terzo: tutte le parti in conflitto devono assicurare che non ci siano restrizioni all’importazione in Yemen di beni essenziali, quali trattamenti nutrizionali e medicinali, nonché cibo di prima necessità. È di fondamentale importanza che il porto di Al Hudaydah rimanga aperto e sicuro, in quanto principale punto di ingresso per la maggior parte degli aiuti umanitari. Occorre inoltre rimuovere le limitazioni al libero movimento dei civili in cerca di assistenza, tra l’altro aprendo immediatamente l’aeroporto internazionale di Sana’a e lo spazio aereo sullo Yemen. Infine, la sofferenza in Yemen terminerà soltanto con la fine del conflitto. Il bisogno di pace è stato ribadito dal Segretario Generale e da tutti i membri del Consiglio di Sicurezza. Sollecitiamo, dunque, quanti hanno voce in capitolo nel conflitto a progredire nella ricerca di una soluzione pacifica e inclusiva, in un processo che includa anche le donne.


*Vicesegretario generale dell’Onu per gli Affari Umanitari

**Ministro degli Esteri della Svezia

***Ministro degli Esteri della Svizzera

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