sabato 17 agosto 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
L' agosto 2013 continua a scorrere senza che ci si discosti nella comunicazione istituzionale da un copione, ormai consueto, occupato in larga parte dal dibattito su Imu o tassa di servizio, da quello sulla sorte di Silvio Berlusconi, e dal bollettino delle disgrazie e dei reati durante le vacanze.
Ben scarsa attenzione si registra per i temi che dovrebbero essere di maggiore interesse per tutti, e in modo particolare per chi ha la responsabilità delle scelte politiche da compiere per traghettarci fuori della crisi. Il primo di questi temi – già affrontato, infatti, su queste colonne soprattutto dal punto di vista tributario – è sicuramente come promuovere un maggiore equilibrio nella distribuzione delle risorse tra diversi ceti, categorie e territori.
Come realizzare l’equilibrio indispensabile non solo per risollevare i bilanci familiari e far ripartire i consumi, ma anche e soprattutto per rifondare l’equità sociale, agevolare la ripresa di uno sviluppo sostenibile e ristabilire condizioni di fiducia e rispettabilità delle istituzioni e delle regole collettive. Riguardo al tema delle risorse e del loro uso è evidente lo scarto tra il silenzio e la parzialità delle manovre attuate e in corso di attuazione, da un lato, e le grandi ingiustizie dall’altro, presenti da sempre nella situazione italiana, ma aumentate a dismisura negli ultimi 20 anni, come molti inascoltati studi e ricerche hanno cercato di segnalare.
Gli 'scandali' che sono alla base di tutto questo sono ormai noti e sempre meno tollerati: dai livelli retributivi di molti manager pubblici e di altri alti dirigenti, ai patrimoni pubblici sottoutilizzati o svenduti a basso costo e alla carenza di azioni volte al recupero di efficienza nella gestione di enti e servizi. Si moltiplicano le segnalazioni, da parte di organi di stampa e commentatori sensibili, di molte di queste anomale e spesso macroscopiche forme di ingiustizia sociale e sono diventati di pubblico dominio dati impressionanti sugli stipendi dei livelli più elevati della pubblica amministrazione, sulle pensioni cosiddette 'd’oro', sugli alloggi pubblici affittati o venduti a prezzi più che dimezzati rispetto a quelli di mercato.
Quest’operazione di disvelamento, iniziatasi da almeno 20 anni, continua dunque a procedere. Ma se la società e la comunicazione giornalistica, assieme ai ricercatori seri, denunciano e reclamano ad alta voce, le istituzioni risultano scarsamente reattive, trincerandosi molto spesso dietro al principio della intangibilità dei «diritti acquisiti». Viene però da chiedersi perché mai un trattamento acquisito che sia ingiusto rispetto alle più elementari norme di equità sociale e di rispetto del buon uso dei beni pubblici, debba essere «intangibile», e addirittura come possa venire definito «diritto»?
Per essere più concreti: perché mai dovrebbe non è intoccabile il «diritto acquisito» di chi sta andando in pensione secondo determinate regole, cambiate in corsa a suo danno, o di chi ha lavorato e versato i contributi previdenziali secondo regole poi modificate, e deve essere invece intoccabile il «diritto acquisito» di chi percepisce una pensione 10-20 volte superiore a quella della maggior parte dei pensionati senza che i suoi contributi reali (e non nominali) lo giustifichino, o di chi ha avuto accesso a una locazione, o all’acquisto, di un immobile pubblico a condizioni fantastiche, contribuendo così allo sperpero delle risorse pubbliche che sarebbero necessarie per ben altri scopi?
La questione è davvero preoccupante, non solo perché contribuisce a ostacolare la ripresa di cui tanto si parla, ma anche e soprattutto perché denuncia insensibilità rispetto al tema dei diritti basilari di una democrazia (non quelli acquisiti, ma quelli veri dettati da valori genuini) e perché tende a consolidare un assetto sociale diseguale che ferisce la dignità umana e tarpa le ali a un eventuale processo di rifondazione della convivenza sociale.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: