mercoledì 8 gennaio 2014
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Caro direttore,
è il compleanno della Rai che ha certamente contribuito a «fare gli italiani» portando la lingua italiana in tutte le case. Ora, a mio parere, bisogna portare l’inglese in tutte le case per superare il gap di conoscenza che abbiamo con tanti altri Paesi. È un elemento cruciale per la costruzione di una cittadinanza europea. Un canale Rai dovrebbe essere in lingua inglese in modo che questo idioma divenga familiare a tutti, a partire dai più giovani. E credo che questo possa essere utile in particolare oggi, in prossimità dell’Expo di Milano che farà dell’Italia un palcoscenico mondiale.
Alberto Mattioli
 
Comprendo, caro amico, che cosa può spingere a concepire l’idea di un canale “inglese” a cura della tv pubblica italiana. Ma poiché siamo in piena era digitale e satellitare e i canali “in lingua” – inglese, spagnola, francese, tedesca, russa, cinese, araba… – non mancano affatto, sono più incline a pensare che siano altri – a cominciare dalla scuola – gli strumenti che da italiani dobbiamo prendere in considerazione per la diffusione dell’inglese e delle altre grandi lingue europee (e no) soprattutto tra i più giovani. Ritengo, infatti, sia più che opportuno puntare almeno – almeno! – a un sostanziale bilinguismo dei nostri figli e nipoti. Chiarito questo, a costo di sembrare forse un po’ “passatista”, devo confessare che a me piace un’altra idea: quella di una Rai seriamente decisa a onorare e rinverdire l’antico merito – giustamente richiamato nella lettera – di aver diffuso per la Penisola un buon italiano. E, dunque, una Rai intenzionata a proporsi con un’offerta mediatica ricca e vivace anche su una scena internazionale nella quale si guarda all’Italia e agli italiani con un misto di curiosità e di allarme, di pregiudizio e di ammirazione. Un mondo, tuttavia, nel quale la nostra straordinaria cultura attrae enormemente e il nostro idioma è ancora oggi tra i cinque più studiati. So bene che affermare questo significa immaginare e invocare una sostanziale inversione di rotta rispetto al ridimensionamento attuato in questi anni, ma in questi stessi anni, per quel che vale, mi sono rafforzato nella convinzione che l’Italia non possa non avere canali internazionali all’altezza di quelli offerti dai servizi radiotelevisivi pubblici di altri grandi Paesi europei, a cominciare dalla Gran Bretagna, dalla Spagna e dalla Francia. Ecco perché spero che succeda davvero. Per scelta strategica di un Paese aperto al mondo, generoso di sé, né altezzoso né rassegnato e perciò giustamente consapevole del proprio ruolo e del prezioso “strumento” che la propria lingua nazionale rappresenta.
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