domenica 29 maggio 2011
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Caro direttore, da quando la Chiesa cattolica ritiene la coscienza personale criterio giusto per raggiungere la verità? Se seguendo la mia coscienza voto un candidato che tra tante cose belle sostiene anche le coppie di fatto, l’aborto, l’eutanasia... cioè scelte contrarie a principi che la Chiesa ritiene non negoziabili (tra l’altro non enunciati da monsignor Crociata in conferenza stampa) sono un buon cattolico? Sono nella verità? Se la Chiesa ritiene quei principi non negoziabili, è una contraddizione in termini rimetterli alle coscienze dei singoli.

Lucio Massullo, Pieve Ligure (Ge)

Stiamo parlando di una coscienza “formata”, gentile signor Massullo, la retta coscienza grazie alla quale riconosciamo ciò che è bene e ciò che è male.L’insegnamento della Chiesa su questo punto è potente e chiarissimo: «Quando ascolta la coscienza morale, l’uomo prudente può sentire Dio che parla». Potrei dirlo con una splendida e molto amata espressione di sant’Agostino: «Rede in te ipsum, in interiore homine inhabitat veritas» (torna in te stesso, è dentro di te che abita la verità). O con le molte “lezioni” sul tema che ci ha regalato Benedetto XVI. Ma mi limito solo a ricordare tutte le volte che il Papa ci ha richiamato a tener viva la consapevolezza che i valori non negoziabili sono «iscritti nel cuore dell’uomo». Un caro saluto.
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