domenica 9 dicembre 2012
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I frutti della giustizia, dice san Paolo, vengono da una forma intelligente dell’amore. «Prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento». E così possiate «distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo». Non si tratta di andare dove ti porta il cuore, ma di portare il cuore dove vai. E dove vai, se non cerchi la strada dell’integrità dell’animo, che rende onore alla giustizia del vivere?  Il legame dell’amore con la giustizia è già nell’orizzonte di tutta la Profezia che annuncia il giorno del Signore. Le Beatitudini evangeliche, infine, sono uno straordinario elogio dell’integrità dello spirito che custodisce questo legame. La purezza del cuore, la passione per la giustizia, la tenacia della pace, la profondità della compassione, la fedeltà alla parola data e alla grazia ricevuta, sono il manifesto dei segni in cui si illumina la fede che salva il mondo dalla corruzione. Per reggere all’irrisione, alla commiserazione, alla persecuzione delle potenze maligne, che puntano dritte alla corruzione del cuore, la passione per l’integrità della giustizia non può che incontrare Dio. L’amore e la giustizia sono fatti per stare insieme. Il nostro riscatto è appeso alla loro alleanza. La loro alleanza – oggi più che mai – si chiama integrità e purezza di cuore. E qui ce n’è per tutti. Dobbiamo riconoscere che l’elogio dell’integrità e della purezza del cuore si è fatto avaro di argomenti e di riconoscimenti. Di più. Un’abile propaganda ideologica, tinta di falsa modestia, denuncia la presunzione dell’integrità, confondendola con un inaccettabile idealismo della perfezione (che non è di questo mondo, come si dice). Non scherziamo. L’integrità e la purezza di cuore hanno un inconfondibile tratto di stile: sono umili e compassionevoli, fin dentro il midollo. Li riconosci subito, proprio da questo. E poi, parliamoci chiaro. Siamo alle soglie dell’eugenetica, della fitness totale, dell’ottimizzazione biochimica delle attitudini e delle prestazioni, e parliamo della lealtà intellettuale e dell’integrità morale come fossero anomalie da censurare? In compenso, rozzezza e aggressività sono lo stile emergente della nostra concentrazione urbana del benessere. L’integrità e la purezza del cuore sono sbeffeggiate, in ogni accezione possibile. Non ci basta ancora? Non lasciamoci distrarre dagli azzeccagarbugli della cultura da salotto televisivo. È tempo di restituire all’irreprensibilità dell’uomo che cerca di custodire l’integrità e la purezza di cuore, tratti di senso comune. Di restituire dignità alla sua pubblica evidenza: ossia di renderla riconoscibile, apprezzabile, praticabile. Di restituirla all’ambizione educativa, addirittura (pensa un po’). L’adulto di una comunità umana non è affatto l’individuo sempre-ragazzo capace di farsi da sé le proprie regole e la propria vita, nel perfetto disinteresse per la vita degli altri. L’adulto è un ex­ragazzo che ha mostrato di essere realmente in grado di onorare l’amore e la giustizia, a costo di ogni sacrificio: senza farsi corrompere e senza vendere l’anima. La prova sta nella sua credibile capacità di farsi carico della vita di altri: compresi quelli che sono troppo giovani o troppo vecchi, o troppo vulnerabili o troppo feriti per essere felici della nostra ammirazione per noi stessi. L’umanità alla quale apparteniamo non ha parti da smaltire, o vite che non si può permettere: solo la nostra ottusità ci ha ridotti a tanto. L’umano è profondamente uno, e ogni suo avvilimento, per quanto nascosto, è contagioso: avvelena l’amore, avvelena la giustizia. Avvelena anche te. Fallo smettere. Il Signore di cui la liturgia cristiana celebra l’avvento, viene di nuovo in cerca della fede che ancora è rimasta sulla terra. Non è troppo tardi per la nostra conversione all’elogio dell’integrità e della purezza del cuore: che è anche la passione più democratica che c’è.
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