venerdì 6 ottobre 2017
Un lettore sottolinea l’alta disoccupazione che caratterizza l’Occidente rendendo impossibile un contributo positivo dell’immigrazione
«Per gli immigrati non c'è lavoro» Ma economia e demografia dicono di sì
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Caro direttore,
l’articolo di fondo del professor Becchetti di venerdì 8 settembre – «La cattiva strada», dedicato a «I calcoli errati di sovranisti e razzisti» – mi ha lasciato abbastanza perplesso. Sono d’accordissimo sulle motivazioni cristiane dell’accoglienza, ma un po’ meno sulle giustificazioni economiche. L’economista scrive: «Oggi i migranti che arrivano in altri Paesi creano lì valore, pagano contributi, portano novità, trasferiscono rimesse nelle terre di origine contribuendo a ridurre i divari che li hanno fatti partire». Tutto questo sarebbe vero se ci fosse un’occupazione per queste persone; ma se la disoccupazione è uno dei maggiori problemi dei nostri Paesi, come fanno gli immigrati a generare valore e pagare contributi? Di fatto sono costretti a vivere di elemosina. E poi non ho capito cosa c’entrano Abramo e Sara in tutta questa storia.

Fulvio Colombo Briosco (Mb)


Gentile signor Colombo, il direttore mi offre la possibilità di dialogare con lei e io le rispondo volentieri, in sintesi nei limiti dello spazio possibile. Primo, mi pare che siamo d’accordo su un punto cruciale: tra i valori cristiani e laici dell’Occidente e la vulgata sovranista che attrae alcuni anche nel nostro Paese c’è una differenza di princìpi insanabile. Per noi la persona ha la stessa dignità al di là e al di qua di ogni confine e se chi viene da fuori confine è obiettivamente in condizioni molto peggiori delle nostre e bussa alla nostra porta va aiutato. Secondo, quell’aiuto che è per noi un imperativo diventa anche una benedizione. E qui c’entra Sara che dopo il gesto di accoglienza degli stranieri ospitati in casa propria scopre nell’episodio della quercia di Mamre di aver superato il suo problema di infertilità, e darà alla luce Isacco. La Bibbia, non solo in quel brano ma in molti altri, ci dice una verità profonda sull’uomo: il segreto della fecondità – e della generatività in senso più lato – della vita sta nell’accoglienza. Chi si chiude diventa o rimane 'sterile'. Terzo, l’accoglienza degli stranieri si traduce anche in una 'benedizione economica'. Se lei fosse il presidente di una squadra di calcio di serie A con buone possibilità economiche per vincere il campionato sceglierebbe di assumere solo calciatori italiani perché ci sono tanti giocatori italiani nelle serie minori che non giocano? La vita economica in altri settori non è così diversa. L’esempio che le ho fatto risponde alla critica più insidiosa. Perché non assumere gli italiani disoccupati? (Perché, potrebbero però far eco negli altri Paesi, non rimandare a casa i tre milioni di italiani che lavorano all’estero trasformandoli in disoccupati da noi?) La risposta è che un posto di lavoro è come un matrimonio. Funziona se si realizza quella combinazione originale e specifica tra datore di lavoro e lavoratore, altrimenti è un fallimento. E quindi un lavoratore non vale l’altro. La diversità dei popoli e delle razze è ricchezza. Uno più uno fa tre (mettendo assieme le diversità produciamo qualcosa che è di più di quello che avremmo ottenuto sommando i nostri contributi separati). Aggiungo un elemento ancor più prosaico. La fortuna dei tedeschi è stata l’integrazione della Germania Est dove prodotti in fabbriche con salari bassi (ai livelli salariali precedenti dei tedeschi dell’Est) sono stati poi assemblati e commercializzati da aziende dell’Ovest. A parte i casi inaccettabili di sfruttamento e lavoro nero, gli stranieri in Italia hanno occupato settori molto importanti (servizi alla persona e agricoltura in primis) nei quali non c’era un’adeguata offerta di lavoro da parte di italiani, anche per il basso livello di retribuzioni che le imprese e le famiglie erano in grado di pagare per quelle prestazioni. Ciò però ha contribuito in modo molto importante al funzionamento delle nostre economie e alla possibilità di avere determinati beni e servizi a prezzi contenuti. Bloccare questo processo (secondo stime che condivido, l’economia italiana avrà bisogno di un flusso di immigrati di almeno 150mila l’anno) è per motivi economici e demografici, oltre che tradire la nostra umanità e le nostre radici, un atto di insipienza economica.

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