lunedì 13 maggio 2019
La decisione del Papa di autorizzare i pellegrinaggi a Medjugorje in Bosnia-Erzegovina perché "certifica" i frutti della grazia per i fedeli e il lavoro compiuto dall'arcivescovo Hoser
Pellegrinaggi a Medjugorje: ecco perché è importante la decisione del Papa
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L'albero, osserva Gesù nel Vangelo, lo riconosci dai frutti. Dolci e colorati, si potrebbe aggiungere, se la pianta è buona. Amari e ruvidi in chi presenta solo spine. Fuor di metafora, a Medjugorje i frutti sono abbondantemente segnati dalla grazia: chiesa gremita di fedeli a ogni celebrazione eucaristica, gente in coda per confessarsi, soprattutto tante conversioni. Cioè uomini e donne che decidono di cambiare vita.

Per questo non stupisce che il Papa abbia ufficialmente autorizzato l’organizzazione di pellegrinaggi nella città della Bosnia Erzegovina dove dal 1981 apparirebbe la Vergine Maria. Con una precisazione. Questi viaggi – recita il comunicato diffuso domenica dalla Sala stampa vaticana – non vanno «interpretati come una autenticazione dei noti avvenimenti, che richiedono ancora un esame da parte della Chiesa. Va dunque evitato – prosegue la nota – che tali pellegrinaggi creino confusione o ambiguità sotto l’aspetto dottrinale».

Si tratta semmai di un aiuto concreto a monsignor Henryk Hoser visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje e alla sua capacità di creare rapporti buoni e chiari «con i sacerdoti incaricati di organizzare pellegrinaggi come persone sicure e ben preparate, offrendo loro informazioni e indicazioni per poter condurre fruttuosamente tali pellegrinaggi». Medjugorje, insomma, per citare le parole usate dall’arcivescovo polacco nell’intervista ad “Avvenire” dell’aprile scorso non è più un luogo “sospetto” e vanta una comunità parrocchiale dall’intensa «religiosità popolare, costituita, da una parte da riti tradizionali, come il Rosario, l’adorazione eucaristica, i pellegrinaggi, la Via Crucis»; dall’altra da un profondo radicamento «dei Sacramenti come la Confessione».

Sullo sfondo, restano comunque le apparizioni, per le quali non è stato ancora preso un giudizio definitivo. Come noto la Commissione istituita nel 2010 da Benedetto XVI sotto la presidenza del cardinale Camillo Ruini ha completato il suo lavoro a inizio 2014, riconoscendo a maggioranza, sembra, l’autenticità delle prime sette apparizioni. Una valutazione giudicata però non vincolante dalla Congregazione per la dottrina della fede che sotto la guida dell’allora cardinale prefetto Gerhard Ludwig Müller risultava dubbiosa in toto sul fenomeno.

Si tratta però, ripetiamo, di giudizi e resoconti non pubblichi, anticipati dal Pontefice nel 2017 durante il suo viaggio di ritorno da Fatima, ma mai resi noti ufficialmente. A essere certo invece è l’amore del Papa per Maria e l’attenzione privilegiata al fenomeno Medjugorje, verso il quale Bergoglio, a dispetto della famosa battuta sulla Madonna “postina” e “capo-ufficio telegrafico”, non è affatto contrario. Lo dimostra il riconoscimento dei grandi frutti spirituali maturati in Bosnia-Erzegovina, la nomina di Hoser come «visitatore apostolico a carattere speciale», e, ora il via libera ai pellegrinaggi. Reso noto, non a caso, nella festa della mamma e alla vigilia del 13 maggio, il giorno in cui si celebra la Madonna di Fatima e che quest’anno coincide con il secondo anniversario della canonizzazione dei pastorelli Francesco e Giacinta, presieduta proprio da Bergoglio.

Oggi come allora il Papa ci ricorda che Maria è una via diretta per arrivare a Cristo. Sotto la sua protezione materna – disse il 13 maggio 2017 – «siamo nel mondo sentinelle del mattino che sanno contemplare il vero volto di Gesù Salvatore, quello che brilla a Pasqua, e riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è missionaria, accogliente, libera, fedele, povera di mezzi e ricca di amore».

L'INTERVISTA L'arcivescovo Hoser: «Medjugorje segno di una Chiesa viva»


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